E' un doc, ma la storia è da film. S'intitola Se questo è amore, e per una volta il titolo italiano, con chiaro riferimento al libro di Primo Levi Se questo è un uomo, è più efficace dell'originale: Liebe war es nie, cioè non è mai stato amore, ricalcante le parole della canzone tedesca dei primi anni trenta che accompagna tutto il film.

Sulle note di quella canzone ebbe inizio l'incanto di Franz Wunsch, un giovane ufficiale nazista, per Helena Citron, una ragazza ebrea deportata ad Auschwitz. Ovviamente la domanda è: può nascere, sbocciare un amore, nel bel mezzo degli orrori del lager? 

E soprattutto tra un nazista e un'ebrea? Tra il carnefice e la (sua) vittima? Difficile rispondere. Per farlo bisognerebbe farsi aiutare da Freud e tirare in ballo la sindrome di Stoccolma.

Sulla questione si interroga la regista israeliana Maya Sarfaty che con questo bel doc (disponibile in Tvod dal 27 gennaio distribuito da Wanted Cinema) ci racconta questa storia incredibilmente vera tra una prigioniera e il suo aguzzino, attraverso le loro stesse testimonianze e quelle di chi era con loro nel campo di concentramento.

Bellissima, invidiata, fortunata, molestata, terrorizzata. Talvolta amata, altre volte odiata e usata dalle sue compagne nel campo di concentramento ("Erano gelose, ma godevano del fatto di essere a lei vicine. Lei ha fatto tante buone cose. Faceva quello che poteva") Helena ad Auschwitz trovò la protezione di Franz Wunsch, che si innamorò perdutamente di lei.

I due portarono avanti questa relazione proibita fino alla fine della guerra e nel frattempo lui non solo la salvò quando contrasse il tifo e la aiutò, ma protesse anche sua sorella e molte altre donne da lei segnalate ("Mi amava da impazzire, ho salvato tante vite grazie a lui"). Lei a suo modo ricambiò. C'è chi dice che "fu vero amore, lo amava molto, forse perché era buono con lei" e chi invece sostiene che "quella storia le era utile".

Il dubbio rimane. Fatto è che lei trent'anni dopo, nel 1972, ricevette una lettera dalla moglie di Wunsch, nella quale le veniva chiesto di testimoniare in favore del marito imputato a Vienna per i crimini compiuti durante l'Olocausto, e lei scelse di farlo.

"Ho testimoniato perché l'ho sentito un mio dovere", dice Helena. Ecco, la memoria è questo. E questa storia raccontata in questo doc commovente, straziante e doloroso, restituisce un briciolo di speranza e di umanità a una delle pagine più buie della nostra storia.