A South Central, quartiere di Los Angeles passato alla ribalta delle cronache almeno in due grandi occasioni (le rivolte del popolo nero nel 1965 e, più recente, nel 1992 all'indomani dell'uccisione di Rodney King), i ragazzini hanno davvero poca scelta: o diventano membri di qualche gang o diventano ballerini. Ed è proprio su questi ultimi che il noto fotografo David LaChapelle - scoperto giovanissimo niente meno che da Andy Warhol - ha deciso di girare il suo primo documentario di lungometraggio, Rize, travolgente e ipercinetica "istantanea" ("Le immagini in questo film non sono state accelerate", recita un quanto mai esaustivo cartello introduttivo) su un fenomeno che da qualche anno caratterizza i ghetti della città degli angeli, e non solo: il "krump". Forma di ballo che non nasce da ballerini professionisti, ma vera e propria estensione della personalità e della sensibilità di chi la interpreta, il krump prende le mosse dalla commistione di sonorità hip-hop e tradizionali danze tribali, vedendo "ufficialmente" la luce grazie all'impegno di un personaggio che lo stesso LaChapelle considera uno dei più importanti "eroi" dell'era contemporanea, quel Tommy the Clown che da qualcosa come quindici anni va in giro per le strade dei ghetti a reclutare nuovi ballerini, concedendo loro una possibilità in più rispetto a quel destino di delinquenza che li attende. Rize racconta la genesi e gli sviluppi di questa nuova forma d'arte, dando voce a tutti i suoi magnifici e giovanissimi interpreti (che nel corso degli anni hanno formato diversi gruppi che poi, annualmente, si "scontrano" nell'ormai tradizionale Battle Zone) e mostrando quei corpi capaci di raggiungere, col movimento, impensabili vette di fisicità mista a lirismo.