Sesto film da regista dell’attore Roschdy Zem, Ritratto di famiglia è in Concorso a Venezia 79. Scritto a quattro mani con Maïwenn, entrambi anche interpreti, ha per protagonista Sami Bouajila nei panni di Moussa, impiegato modello, padre premuroso e marito prossimo, non per volontà sua, alla separazione: tutto il contrario di suo fratello Ryad (lo stesso Zem), conduttore televisivo di successo, stigmatizzato da congiunti e consanguinei per l’egocentrismo.

Ma le cose stanno per cambiare: vittima di un incidente, Moussa soffre un grave trauma cerebrale che lo lascia dapprima in uno stato di perenne sonnolenza e poi senza filtri nell’inchiodare i parenti alle proprie responsabilità.

In breve, Moussa è irriconoscibile, l’agnello gentile s’è fatto leone iroso, ma non è detto sia necessariamente un male: il primo a esserne convinto è proprio Ryad, che finalmente può ricambiare la stima sempre nutrita dal fratello.

Dramma formato famiglia (allargata), Ritratto di famiglia vanta attori ispirati, ben diretti da Zem, che ovviamente ne sa: l’ensemble è puntuale, il decorso medico come un coro greco, sebbene la tragedia non abbia mai residenza piena.

La metamorfosi di Moussa, forse vittima di una pasticca ovvero del suo primo eccesso, è la riscossa dell’uomo comune, di un Malaussène che nel suo piccolo s’incazza e quindi mette gli altri, quasi tutti, al proprio posto: una parabola esistenziale che in sedicesimi mutua Dr. Jekyll e Mr. Hyde, braccando il multiforme animale sociale che ognuno di noi è.

Gli scazzi con i figli, la fine con la moglie, i botta e risposta con i parenti, Moussa è uno di noi: nulla di più, per un film onesto e piccino, esemplare e insieme modesto.