Il mondo dell’animazione già ci aveva deliziato con un Porco Rosso, e questa volta lo continua a fare con un panda rosso. Il rosso del titolo in comune c’è, ma in realtà Red (il titolo originale è Turning Red, letteralmente “diventare rossi”), il nuovo film d’animazione targato Disney e Pixar, ha ben poco a che vedere con il film di Hayao Miyazaki del 1992. Diretto dalla regista canadese di origine cinese Domee Shi, vincitrice dell’Oscar per la miglior regia con il suo precedente cortometraggio Bao (2018), questo film mette al centro il rapporto tra una madre e una figlia, che sta diventando adolescente. Tema cardine della poetica della regista.

Tredicenne, un po’ nerd, piena di energia e vitalità, Mei Lee è nel pieno di un cambiamento, che non è semplicemente ormonale, come crede sua madre Ming Lee (“Non sarà sbocciata la peonia rossa?”, le chiede alla figlia). Il cambiamento è ancora più grande perché è in atto una vera e propria trasformazione in un gigante panda rosso. Alto due metri e quaranta, imprevedibile e puzzolente, involontariamente distruttivo, ma anche soffice e carino, il panda rosso viene fuori in tutti i momenti più vulnerabili di Mei, mostrando la sua versione più disastrata e autentica. Per fortuna in tanti sono pronti ad accettarlo.

Molti i temi che lo accomunano a Luca, il precedente film della Pixar: la trasformazione (lì vi era un mostro marino che diventava un bambino), l’accettazione dell’altro da sé, la ricerca della propria identità e della propria autonomia, l’importanza dell’amicizia, la curiosità verso il mondo e la gestione delle emozioni (imbarazzo, rabbia, amore) con il rossore che portano con sé. Anche il rosso ritorna. In Luca la storia (universale, ma italianizzata) si svolgeva a Portorosso, un borgo immaginario delle Cinque Terre.

In Red invece c’è tanto oriente (gli anime d’azione giapponesi e i manga sono evidenti nello stile), ma anche tanto occidente. Non a caso è ambientato nella Chinatown di Toronto, dove la famiglia di Mei è proprietaria di un antico tempio cinese. È qui che Mei si barcamena tra il rischio di diventare una “soggettona” grazie a una mamma sempre alle calcagna che fuori scuola le grida: “Hai dimenticato gli assorbenti!” e un impellente bisogno di svago (il suo sogno è partecipare al mega concerto della sua boy band preferita). Con grande ironia, ma anche con sensibilità, Domee Shi, prima regista donna nella storia degli Studios di Emeryville (in precedenza relegate ad una posizione da co-registe), ci regala un universo coloratissimo e ci racconta il difficile passaggio (da ragazze perfettine con ottimi voti a ragazze ribelli il passo è breve) dall’infanzia all’adolescenza. Una storia di formazione che arriva dritto al cuore di grandi e piccini.