Per niente al mondo è l’opera seconda di Ciro D’Emilio, dopo l’apprezzato Un giorno all’improvviso, selezionato a Venezia 75 Orizzonti nel 2018, valso il Nastro d’Argento per la Migliore Interpretazione Femminile a Anna Foglietta. D’Emilio si conferma eccellente direttore d’attori: stavolta tocca a Guido Caprino, mai così largo e profondo.

Prodotto da Lungta Film di Andrea Calbucci e Maurizio Piazza e Vision Distribution e in collaborazione con Sky e Rai Cinema, nel cast anche Boris Isakovic, Irene Casagrande, Antonio Zavatteri, Diego Ribon, Antonella Attili, Josafat Vagni e Valentina Carnelutti, Caprino incarna lo chef Bernardo (Guido Caprino), affascinante, di successo, separato con figlia, circondato da amici, il rally per passione e la stella Michelin per obiettivo.  Finché il destino non gli gioca un brutto, bruttissimo scherzo: finisce dentro, accusato di aver orchestrato la rapina nella villa di uno dei suoi migliori amici. Gli levano il ristorante, lo mollano tutti, tranne la figlia e un detenuto (il bravo Boris Isakovic, Quo Vadis, Aida?): come riottenere quello che la vita gli ha strappato via?

Per niente al mondo è ben girato, forse con qualche grandangolo di troppo e transfocate scolastiche, ma la mano di D’Emilio è sicura, svelta senza sciatteria. Caprino, abbiamo detto, è solido, e il milieu provinciale in cui si muove non irrealistico, semmai un tot didascalico. Meno bene, viceversa, il coté criminale, sebbene Isakovic dia un imprimatur importante per credibilità: nondimeno, la vita fuori dalle sbarre e non a mano armata funziona di più, anche per gli interpreti, per tacere della drammaturgia.

Ci troviamo, comunque, in un cinema mai mediocre, mediano tra autorialità e consumo, più che medio, capace di valorizzare talenti dietro e davanti la camera, meno in scrittura: D’Emilio e Cosimo Calamini, che firmano soggetto e sceneggiatura come in Un giorno all’improvviso, si perdono il film, consegnandosi a un finale sbagliato, tanto simmetrico – l’arco di Per niente al mondo è la profezia, ovvero il sospetto, che si avvera - e prevedibile quanto approssimativo e sbrigativo.

Irresoluto, insomma, ed è un peccato per quanto di buono D’Emilio ci aveva fatto vedere prima.