“Sarà stato magnifico vedere i dipinti di Cézanne nella luce di qui. Quelli esposti al Met di New York sono tristi, come se volessero essere altrove”. Dice Anne a Jacques, lui alla guida, mentre stanno andando verso Parigi, che tarderà ad arrivare, mentre molto altro non lo farà in questo viaggio che durerà due giorni attraversando la Francia, dalla Provenza passando per la Borgogna.

Parigi può attendere (Paris can wait, 2016) è la dimostrazione di come si possa arrivare a ottant’anni e realizzare la propria opera prima, o meglio la prima regia di finzione, dopo “qualche altra” nei documentari, tra tutti Hearts of Darkness: A Filmmaker's Apocalypse (1991, vincitore di 2 Emmy Awards) su quello che fu l’andata e ritorno negli inferi, interiori e materiali, di Apocalypse Now di Francis Ford Coppola.

Eleanor Coppola (classe 1936), all’anagrafe Neil, è sua moglie: si sono incontrati sul set di Terrore alla 13° Ora (Dementia 13, 1963), lei assistente dell’Art director, F. Coppola al primo film mainstream. E da allora sono rimasti insieme.

Dichiara che hanno avuto i loro problemi, il marito legato all’idea di una famiglia tradizionalista, dove la donna doveva concentrarsi al principale, unico, lavoro: fare la madre, mandare avanti la casa. Hanno resistito: prima di tutto la stabilità del nucleo di quello che è divenuto un clan, dove gli affari, artistico-commerciali, si sono sguinzagliati tra cinema e vino.

Certo, è stato complicato, per una donna indipendente, che si è fatta conoscere prima di tutto come artista che gioca coi materiali e li mescola nelle sue istallazioni.

Ma ha resistito, e gira un film che attendeva di fare dal 2009, forse da una vita: quel viaggio, di due giorni, l’ha compiuto davvero Eleanor Coppola in Francia…

Anne, Brulée (Diane Lane) è moglie paziente e devota alla causa familiare, una boutique da poco chiusa; fa foto, raccoglie dettagli di quello che la circonda. È a Cannes con il marito Michael (Alec Baldwin, in un amabile cameo), produttore di successo, poco attento, eternamente distratto dal cellulare all’orecchio. Proprio per un’otite Anne desiste dal prendere il volo che la porterà con lui a Budapest. Accetterà invece il passaggio di Jacques (Arnaud Viard), collega in affari di Michael, affascinante e pasticcione, dietro l’angolo il dramma personale, un gran cuore e passione da vendere, soprattutto per i piaceri della vita, su tutti cibo e vino.

Non è stato difficile realizzare Parigi può attendere: quando non ha potuto l’attore che doveva interpretare Michael, il caso ha voluto che Baldwin chiamasse F. Coppola, e affare fatto, per una presenza che si limita ai minuti iniziali e a telefonate e messaggi in segreteria, geloso del francese; quando son sorti problemi produttivi, in quei 28 giorni di riprese, è entrata la Zoetrope. Come costumista? C’era la pluripremio Oscar Milena Canonero. E la colonna sonora? Ci ha pensato la 4 volte Emmy Awards Laura Karpman.

Per una cartolina dalla Francia, che arriva persino dentro al Musée Lumière a Lione; una Madeleine di ricordi alla Ricerca del tempo perduto, che cita i quadri degli Impressionisti, le musiche di Satie, Que reste-t-il de nos amours di Trenet, fino alle musiche dei Phoenix, giocando ancora in casa, il leader del gruppo marito della figlia; un tributo a un momento della propria vita, che si è ritagliato chissà quale peso nel suo cammino personale.

Dietro ai panni di Anne si avverte infatti la Coppola, nella sua dedizione ai dettagli, nella sua attenzione alla materia che la circonda; nel momento di verità che avviene all’interno di una chiesa da dove Riccardo Cuor di Leone partì per la Terza Crociata, lei che ha perso il figlio ventenne, Giancarlo Coppola.

In uscita il 15 giugno per la Good Films, Parigi può attendere si scioglie a poco a poco come il puritanesimo pratico della Lane (efficace e affascinante); per un road movie sui generis, dove il mistero è solo il quando arrivare a Parigi, e se un bacio scatterà, magnete galeotto la guascona e umana simpatia di Jacques (un Viard a suo agio in inglese).

Nell’aria il rischio dello stereotipo che rimane in superficie, si salva grazie al sorriso e al cuore della Coppola, moglie, madre ma soprattutto donna che accompagna lo sguardo sornione della Lane, che ricomincia ad assaporare finalmente i piaceri della vita.