Ci sono voluti ben ventisette anni per accertare la verità sulla scomparsa di Paolo Letizia. La sentenza di condanna per i suoi assassini è arrivata lo scorso anno.

Ma, dopo tanti silenzi, a fare giustizia al giovane ragazzo torturato e ucciso dalla camorra ci aveva già pensato suo fratello Amedeo. Prima scrivendo un libro insieme a Paola Zanuttini, edito Minimum Fax, e intitolato Nato a Casal di Principe e l’anno scorso con l’omonimo film diretto da Bruno Oliviero presentato al Festival del Cinema di Venezia e ora in uscita in sala.

 

Amedeo sul finire degli anni ‘80 aveva vent’anni e stava iniziando a muovere i primi passi della sua carriera d’attore tra un fotoromanzo e un ruolo nella famosa serie tv I ragazzi del muretto quando suo fratello minore fu rapito da alcuni uomini incappucciati.

A quel punto deciderà di lasciare Roma e di tornare nel suo paese d’origine intraprendendo una sua personale ricerca armato di fucile anche perché l’inchiesta dei carabinieri si rivelerà inefficace.

Il regista ci racconta una storia vera e con discrezione ci descrive il dolore di una famiglia travolta da una tragedia. Ognuno lo affronta a suo modo: la madre (Donatella Finocchiaro) troverà consolazione nella fede e andando a chiedere aiuto a Natuzza (Lucia Sardo), una veggente che proferirà la frase: “Nun è morto”, il padre (Massimiliano Gallo) si affiderà all’aiuto dei carabinieri e infine Amedeo (Alessio Lapice) cercherà di farsi giustizia da solo setacciando la zona senza sapere se avrebbe trovato un cadavere o un luogo dove il fratello era tenuto prigioniero.

Nato a Casal di Principe ci fa così entrare nel mondo delle vittime della camorra e di coloro che vivono in un paese dove la gente sa tutto ma fa finta di non sapere niente perché se parla viene uccisa.