Alonso Ruizpalacios, messicano classe 1978, aveva già stupito tutti con la sua opera prima, Güeros del 2014, e continua a sorprendere con la sua seconda fatica, Museo, presentata in concorso all’ultimo Festival di Berlino, dove ha ottenuto il premio per la miglior sceneggiatura (firmata dallo stesso regista insieme a Manuel Alcalá).

Al centro della trama c’è la vera storia del celebre furto al Museo Nazionale di Città del Messico avvenuto nel 1985, a cui il regista si è ispirato per condurre un ragionamento sull’identità nazionale messicana, sulla cultura storica del Paese e su quanto queste possano ancora contare nel mondo di oggi. Protagonisti sono due amici di vecchia data, inesperti di furti, che decidono di mettere a segno questo grande colpo.

Sorprendentemente, riescono nella loro impresa, ma non hanno tenuto conto dei problemi che potrebbero incontrare nel rivendere la refurtiva e delle gravi conseguenze del loro gesto.

Ragionando su realtà e finzione in modo curioso, e riuscendo anche a smorzare i temi di fondo con una buona dose di ironia, Ruizpalacios firma un lungometraggio divertente e incisivo, dotato di un ottimo ritmo, soprattutto nella prima parte, e forte di diversi guizzi registici degni di nota.

 

Nel corso della pellicola viene cambiato spesso registro (dal film di rapina al dramma familiare, passando per la commedia) e queste continue variazioni rendono la visione ancor più appassionante.

Perfetto esempio della freschezza dello sguardo di Ruizpalacios è la sequenza conclusiva, inattesa e sorprendente, anche semplicemente per come è stata pensata.

Notevole prova di Gael García Bernal nei panni dell’organizzatore della rapina, ma anche il resto del cast non è da meno. La sensazione è che Ruizpalacios possa presto diventare uno dei nuovi nomi di punta di una cinematografia, quella messicana, in grande forma, come dimostrano gli enormi successi ottenuti negli ultimi tempi da nomi come Alfonso Cuarón, Guillermo del Toro e Alejandro González Iñarritu.