June Allen (ottima Storm Reid, vista recentemente in The Last of Us) è una diciottenne di Los Angeles che passa ogni momento della vita davanti al computer. Vivendo senza soluzione di continuità tra mondo fisico e virtuale, non è solo iperconnessa ma anche preoccupata: Grace, la madre amorevole della ragazza, è partita per una vacanza in Colombia con il compagno e mai tornata. La figlia, armata del suo solo pc, si dà alla ricerca forsennata della madre senza mai (o quasi) staccarsi dal piccolo schermo. Le persone spariscono nel mondo fisico, ma per ritrovarle basta un computer e una connessione.

È Missing, il thriller diretto da Nick Johnson e Will Merrick che riprende temi e struttura di Searching (2018) nato dallo stesso team creativo: per quasi due ore utilizza un’inquadratura fissa, senza tagli. Ciò che vediamo è lo schermo del computer di June. Sovrapponendosi al volto della ragazza nella fotocamera interna del computer, si aprono in continuazione finestre di app e siti, che portano ogni secondo una nuova informazione e nuovi indizi sulla scomparsa di Grace.

Con la sua particolarissima indagine, June mostra la distanza che separa giovanissimi e adulti di oggi: lei è veloce e intelligente nel navigare nel mondo ibrido fisico-virtuale, gli adulti sembrano invece lenti a capire, ingenui e romantici. Come, per esempio, Javi, colombiano di mezz’età che la ragazza trova su un sito di servizi a poco prezzo per aiutarla a scovare indizi nei luoghi dove è passata la madre: è scarmigliato e inutilmente gioviale, quasi infantile rispetto all’abile June che lo guida a distanza come una marionetta. Risponde alle chiamate della ragazza stando all’aperto, dal suo telefono arrivano i suoni del mare di Cartagena e dei gabbiani, mentre June in un altro emisfero se ne sta chiusa nella sua casa silenziosa, illuminata dalla luce fredda dello schermo senza sorridere.

Nemmeno l’autorità esce bene dal confronto con questa giovane donna super smart. Solitamente se in un film appare un agente dell’FBI ci si aspetta un aiuto determinante al protagonista, ma in Missing la polizia, quando arriva, non riesce a stare al passo di June: le informazioni che lei ricava dal web non sono ammissibili come prove in tribunale e inutilizzabili secondo questi esponenti del vecchio mondo, funzionari di un potere che agisce secondo criteri ormai anacronistici.

Per la coppia Johnson-Merrick, sembra che gli adulti non abbiano nulla da insegnare ai figli, anzi sono loro li salvano da un mondo complesso che non comprendono fino in fondo: Javi vive allegramente ai margini della gig economy facendosi impiegare a cottimo per otto dollari all’ora da un’adolescente che vive in un altro continente; Grace trova un compagno su un app di incontri ma non è abbastanza attenta da scoprirne i segreti che invece la figlia in cinque minuti di ricerca online svelerà.  

Film dal ritmo rapido e frammentato, magari indigesto per chi non è aggiornato sul panorama delle applicazioni e dei social, si rivela avvincente in questo alternarsi frenetico di immagini: per rendersi conto quanto il metaverso preconizzato da Zuckerberg sia già in parte realtà, e chiedersi se sia un bene o un male.