Un ritorno al futuro, un ritorno e basta, o nemmeno quello? Dopo È solo la fine del mondo, Grand Prix a Cannes 2016 ma giudicato per lo più negativamente, e La mia vita con John F. Donovan, presentato a Toronto 2018, recensito negativamente e da noi non (ancora) distribuito, l’ex enfant prodige québécois Xavier Dolan è tornato a Cannes da figliol prodigo – aveva giurato sarebbe stata l’ultima volta, quella di E’ solo al fine del mondo - e in Concorso: Matthias & Maxime.

Invero, più che altro sembra un ritorno al passato, almeno nella scala: film minimalista, minimale e forse minimo, molla architetture produttive e poetiche più ambiziose e gravose per il design d’interni, e non sempre psicologici. Ve lo ricordate lo Xavier di J’ai tué ma mére, l’esordio eclatante del 2009, ecco, meno felice e più facile è Matthias & Maxime, scritto, diretto, prodotto, interpretato, montato, più i costumi a metà, per ritrovare il controllo e, chissà, la forma migliore.

Il trentenne regista fa baciare gli eponimi amici d’infanzia a uso filmino amatoriale di una insta-squinzia e poi un po’ rondine e un po’ avvoltoio si mette dietro la macchina da presa a filmare le conseguenze di quel bacio: sono eterosessuali o? sono solo amici o? che ne sarà di loro, dato che Maxime sta per partire per l’Australia per due anni? Che ne sarà delle loro relazioni, lavori, amicizie?

Dolan osserva, senza particolare acume ma con molta complicità, del resto, Maxime lo interpreta egli stesso: tra faccette, mossette e ammiccamenti, è francamente insostenibile. Comunque, si vive l’attesa, il non detto ma pensato, il non pensato ma detto, e così via, con ampia permeabilità alle scenette sit-com – ci si mettono pure le madri – e a uno yuppismo di risulta.

La sensazione, davvero plastica, è che il cinema di Dolan si stia facendo, o stia tornando ma peggio, piccino piccino, come se i problemi di crescita, vedi le ultime prove, abbiano indirizzato verso una decrescita intesa felice e trovata tristina.

Matthias & Maxime è poeticamente ritardato, si rintana una comfort zone apparentemente consona e gratificante, nei fatti infida: alieno alle sfide, l’ultimo Xavier Dolan, e in definitiva puerile.