Ogni discorso sulla patria corre ovviamente il rischio della retorica. Figuriamoci al cinema, dove la prosopopea delle parole si allea con la suggestione delle immagini. Una trappola che il documentario di Pannone - Ma che storia, presentato nella sezione Controcampo Italiano - riesce a evitare abilmente.
Per due ragioni: la prima è che, nel rievocare il Risorgimento italiano e le sue sorti lungo l'arco dei 150 anni di epopea nazionale, il regista napoletano non aggiunge nulla ma si "limita" a ri-proporre materiale d'archivio, cinegiornali e vecchi documentari conservati nelle teche dell'Istituto Luce. Così facendo, sottopone alla più accorta e smaliziata sensibilità contemporanea un immaginario percepito come inevitabilmente "lontano", nei tempi, nei modi, nei paramenti ideologici. La retorica diventa oggetto stesso del discorso, provocando straniamento e non pochi effetti comici (basti pensare al cortocircuito innescato dalla tronfia, declamante voce dello speaker Luce mentre racconta una tranquilla gita in barca di Mussolini e D'Annunzio). La seconda, più importante, è che questo materiale viene montato con assoluta libertà da Pannone, più interessato alle corrispondenze ritmiche tra le sue parti che a costruire un racconto lineare. Ne viene fuori una sinfonia audiovisiva, un patchwork musicale che, legando insieme pezzi diversi di storia, di cultura e di genere (dal cinegiornale all'animazione, dal documentario televisivo al film, dal Và pensiero verdiano alla tradizione orale contadina), privilegia l'armonia formale sull'unicità dei contenuti.
Forse non c'era modo migliore di restituire un paese per il quale "marcette, celebrazioni e lustrini" - per dirla con l'Arbasino citato dal film - hanno sostituito con la loro mistica unitaria il bisogno di autentica comunità. Sol così si può capire poi perchè Pannone abbia lasciato da parte gli ultimi 30 anni di vicende italiane, la guerra civile strisciante, il secessionismo leghista, la videocrazia: erano già nelle premesse di quell'esperimento mal assortito che fu il risorgimento italiano. Resta il dubbio di una visione parziale che ripercorre storia e protagonisti a spizzichi e bocconi.
C'è tanta elite politica, la voce degli intellettuali e degli artisti, la vecchia Italia di campagna, in breve un'idea di nazione canonica, istituzionalizzata, che trascuara però la tradizione nazional-popolare, i campanili, il folklore calcistico, le canzonette. Ovvero il ventre molle del Paese. Che avrebbero aggiunto a questo ritratto italiano completezza ed empatia, evitandogli la facile ironia sul titolo: Ma che storia è mai questa?