Non ci sono più i mostri di una volta, o sì? Invidiosa degli universi cinematografici di Marvel e Dc Comics, Universal ha deciso di rilanciare gli Universal Monsters con il Dark Universe, il reboot dei fantasy, i thriller e gli horror che sfornò con grande successo dagli Anni Venti ai Cinquanta. Tenetevi pronti a rivedere il mostro di Frankenstein e quello della Laguna Nera, l'uomo lupo e il fantasma dell'Opera, per ora abbiamo il conte Dracula, nell’anemico Dracula Untold del 2012 e la Mummia, nello screanzato e scriteriato omonimo del 2017, starring Tom Cruise.

Fin qui ci sarebbe da strapparsi le bende, per fortuna a paventare sorti magnifiche e progressive per la cosmogonia Universal è L’uomo invisibile, planato sulle piattaforme streaming, da Chili a Rakuten, senza passare dalla sala causa lockdown. Alla regia e scrittura l’australiano Leigh Whannell, chiamato a rinverdire i fasti della creatura letteraria partorita da H. G. Wells e svezzata dal cinema, a partire dal 1933 con l’invisibile Claude Rains. La sua ricetta è semplice: stravolgere tutto, spostando il focus dall’uomo invisibile alla donna incredibile, ancorando suspense e detection allo Zeitgeist, e segnatamente al #MeToo.

Svolta intelligente, cui dà mordente e molto altro la straordinaria Elisabeth Moss, americana, classe 1982, già serialmente apprezzata da Mad Men a The Handmaid’s Tale. Approcciamo la sua Cecilia in medias res, mentre scappa nottetempo dalla casa ipertecnologica del fidanzato scienziato e tiranno Adrian (Oliver Jackson-Cohen): riparata da un amico poliziotto, deve nondimeno fronteggiare una minaccia costante, che non cessa nemmeno alla morte dell’ex compagno.

Riprese in Australia e ambientazione a San Francisco, effetti visivi di buona fattura nonostante il budget ridotto, il sorprendente e valente The Invisible Man pone al centro una donna vittima di violenza che non viene creduta e un nemico, maschile, invisibile e letale: dove l’avevamo già visto? Dramma del #MeToo (tutti i particolari in cronaca): sì, il mostro siamo noi.