In occasione del settantesimo anniversario della nascita dell’Associazione Nazionale Autori Cinematografici (ANAC), Francesco Ranieri Martinotti firma il documentario che ne ripercorre la storia, tramite interviste inedite ai protagonisti e materiali d’archivio.

Il legame tra società e cinema, inteso come prosecuzione ed accrescimento culturale l’una dell’altro, ha rappresentato per decenni una combinazione inscindibile ed indispensabile nell’evoluzione produttiva e narrativa del mezzo cinematografico. In Italia, questa reciprocità è stata per lungo tempo motore trainante di movimenti e schieramenti artistici, votati alla raffigurazione sincera, precisa e senza mediazioni della propria epoca. Attitudine tramutatasi in vera missione.

Un compito che l’Associazione Nazionale Autori Cinematografici (ANAC) ha volitivamente portato avanti fin dalla sua fondazione nel 1952 ad opera di Zavattini, Amidei, Rossellini e numerosi altri. L’ente, strutturandosi immediatamente come intermediario tra i grandi cambiamenti sociali, avvenimenti storici e il cinema, è divenuto portavoce di un’importante fase di transizione.

E in occasione dei settant’anni dell’ANAC, il documentario Londa Lunga - Storia Extra-Ordinaria di unAssociazione diretto dall’attuale presidente Francesco Ranieri Martinotti, prodotto da Capetown e Luce Cinecittà in collaborazione con Rai Cinema , AAMOD e  Archivio Storico ANAC, con il sostegno del Ministero della Cultura e della Regione Lazio, ne ripercorre le straordinarie origini e vicissitudini.

A partire dalla nascita come gruppo oppositivo all’eredità fascista, l’ANAC ha combattuto, e combatte tutt’ora, innumerevoli battaglie. Tra le tante: lo schierarsi contro le strette maglie della censura, votata ad eliminare tutto ciò che avrebbe danneggiato l’immagine idilliaca di un Paese in ricostruzione (al grido della celeberrima citazione, “I panni sporchi di lavano in famiglia”!), alla riforma della Biennale di Venezia tramite lo storico “contro-festival” o quella più recente in difesa dell’importanza della sala come luogo fondativo (anche attraverso la creazione del premio Lizzani ad esse dedicato).

Diviso in macro capitoli, l'autore si avvale di inestimabili interviste inedite ai militanti protagonisti, figure di riferimento della rinascita culturale e delle indomite battaglie in nome della libertà collettiva. Ugo Gregoretti, Carlo Lizzani, Giuliano Montaldo, Marco Bellocchio, Lina Wertmüller, Giuliana Gamba, Mimmo Calopresti, Giovanna Gagliardo, Emanuela Piovano, tanto per fare qualche nome. Ma anche testimonianze dell’epoca costitute da filmati d’archivio e frammenti magnificamente conservati: dalle immagini delle prime riunioni nel salotto di Zavattini, con le mura tappezzate di quadretti d’autore, a quelle dell’occupazione impegnata della “borghese” Mostra del Cinema di Venezia fino alle fotografie delle manifestazioni sessantottine e dei comizi di piazza,  in un commistione coinvolgente di fonti pubbliche e private.

Un’unione narrativa e divulgativa che rende particolarmente coinvolgente il susseguirsi degli eventi, alla scoperta di una storia affascinante. Probabilmente la visione del film, oltre alla validità conoscitiva, indurrà lo spettatore, appassionato o meno, alla riflessione e alla formulazione di alcune domande che non hanno più ricevuto una risposta esaustiva o quantomeno soddisfacente.

Come è possibile che il cinema italiano, appassionato e combattivo mezzo educativo, abbia parzialmente dismesso quell’armatura belligerante e quell’agguerrita voce di cronaca ed attualità, in favore della rappresentazione edulcorata, poco grintosa e spesso troppo intellettuale della contemporaneità. Le finalità ovviamente sono diverse ma sarebbe comunque significativo recuperare l’universalità di quegli argomenti e l’impeto di voler comunicare energicamente la visione della realtà come la si immagina e come la si vuole.