Roger Ebert nasce a Urbana (Illinois) il 18 giugno 1942. Coltiva con pazienza l'amore per il cinema, raffina attraverso innumerevoli visioni di film la propria capacità critica e di scrittura. I rapporti con giornali e redazioni faticano un po' a mettersi in movimento, ma infine Roger riesce a farsi assumere al Chicago Sun Times. E' l'inizio di una collaborazione che diventa una sorta di marchio identitario: resta al giornale dal 1967 al 2013. Con gli anni, la sua autorevolezza aumenta, rafforzata dall'approdo sul piccolo schermo dove comincia a condurre la trasmissione "Ebert & Roeper". Nel 1975 vince il Premio Pulitzer, primo giornalista cinematografico a tagliare questo traguardo. Nel 2002 gli viene diagnosticato un cancro alla tiroide, che lo priva della parola ma non della possibilità di vedere film e di redigere approfondite recensioni. Sposatosi in età matura, affronta con forza le privazioni indotte dalla malattia. Muore a Chicago il 4 aprile 2013.

Roger Ebert può certo essere considerato un monumento della critica cinematografica americana, e quindi internazionale. Non essendo tuttavia il suo nome conosciutissimo, il documentario di Steve James propende per la giusta scelta di una ricostruzione biografica finalizzata a mettere a fuoco i contesti familiari, culturali, sociali nei quali cresce il giovane Ebert. Da grande, certo, la straordinaria notorietà dei film visti e recensiti, aiuta a seguire il percorso del suo sguardo critico. Che non era semplice né scontato, per quanto la sua penna avesse una scioltezza di invidiabile fluidità. Rigoroso sul lavoro, duro, ispido, talvolta intrattabile nel carattere, Ebert ha offerto la migliore dimostrazione di come sia possibile scavalcare il detto di Truffaut: "Ognuno fa due mestieri, il proprio e il critico di cinema". Immagini preziose, anche toccanti, punteggiano il lavoro, passaggi di un dolore profondo sopportato con un sorriso. Forse è l'immagine perfetta dell'identificazione tra il critico e ciò che ne pensano gli altri. Si fa presto a dire critico...