Leningrado, un’estate di primi anni ’80: si guarda a ovest, almeno per la musica. Lou Reed, Marc Bolan e i T-Rex, David Bowie e Mick Jagger, Led Zeppelin e Blondie, Iggy Pop e quell'"arrogante" di Lou Reed, e perfino Amanda Lear: Mike Naumenko (Roman Bilyk) è una promessa rock star, frontman del gruppo Zoopark (è storia, non finzione), studia da grande e un po' già lo è, è empatico, determinato, al fianco la bella moglie Natasha (Irina Starshenbaum), da cui ha un figlio. Le geometrie variabili sono quelle del triangolo, e l’allievo dell’uno e il desiderio dell’altra coincidono in Victor (Teo Yoo), che di talento ne ha, e pure di fascino, e sarà il leader dei Kino, in un ideale e fattivo passaggio di testimone sul palco.

Di tre un’estate, tra prove, sigarette e bicchieri, rovelli, confini da spostare e la colonna sonora da aggiornare ogni attimo, ogni fremito, ogni anelito: dal nome d'un pezzo degli Zoopark, Leto (“L’estate”) è in Concorso a Cannes 71, ma senza regista. Il russo Kirill Serebrennikov è rimasto in patria, e non per sua volonta’. E’ agli arresti domiciliari dallo scorso agosto, con l’accusa di corruzione: a nulla sono valse le pressioni del festival francese, e il sostegno di registi e attori connazionali che ravvisano nella sua cattivita’ la decisione del governo russo di ridurre ai minimi termini il dissenso degli artisti. Ovviamente, Leto s’accompagna a questa situazione biografica: non politicamente, ma esistenzialmente, Mike, Viktor e Natasha scorgono la Perestroika, e forse oggi ne servirebbe un’altra.

Girato in un sapido bianco e nero, con intermezzi di colore, graffiti ed altri effetti ameni, Leto non è nulla di nuovo, è troppo lungo, quantomeno dilatato, ed è facile sottolinearne debiti, simmetrie, derivazioni, eppure ha qualcosa di genuino, a partire da un condivisibile, elementare assunto: giovani è belo, anzi, meglio. Underground e maledettismo, ma senza strafarsi, coppia e adulterio, ma senza approfittare, rock e roll, ma senza esagerare, Leto è intenzione, istanza e oggetto desiderante, in primis liberta’. Senza entusiasmi, è un film discreto.