Le amiche d'infanzia Lila (Gaia Girace) e Lenù (Margherita Mazzucco) sono ormai donne; dai lunghi anni del dopoguerra stiamo sfociando negli anni Settanta. Anche i toni spenti e grigi di ambienti e abbigliamento si colorano e la vita sembra apparire più leggera. Ma è anche un periodo durissimo della recente storia italiana: nonostante il benessere crescente e diffuso frutto del boom economico, la violenza trova sempre una via. Ci sono gli attentati, sempre più numerosi; gli scioperi degli studenti e dei lavoratori; i perenni scontri tra fascisti e comunisti; le lotte operaie e la lotta di classe. E c'è la lotta al patriarcato dei movimenti femministi, e poi, ancora, la rivoluzione dei costumi. Anni tumultuosi con cui tutti i personaggi narrati nella tetralogia di Elena Ferrante si trovano a fare i conti in questo nuovo capitolo. C'è chi subisce e chi lotta, chi si afferma e chi soccombe, chi fugge e chi resta.

Eravamo rimasti con le due ragazze sempre più lontane geograficamente e nelle scelte di vita, ma comunque vicine col cuore. A Napoli Lila ha abbandonato Stefano Carracci (Giovanni Amura), marito fedifrago e violento, barattando la vita da signora con quella di mamma sola che deve sbarcare il lunario come può. Lenù, invece, un futuro marito lo ha trovato nel rampollo della buona borghesia Pietro Airota (Matteo Cecchi) che, oltre alle porte del suo cuore, grazie alla sua influente famiglia le ha spalancato i portoni dell'apparentemente per lei irraggiungibile gotha culturale della sinistra.

Lenù ha pubblicato con successo il suo primo romanzo, ed è proprio da qui che si riparte. La giovane autrice impara subito, che scrivere coincide con l'esporsi, ma non come probabilmente pensava. Anziché l'opera, è lei in prima persona a finire sotto la lente del microscopio: hai scritto sconcezze, porcherie, sei una zozza, sei come l'amica tua, lei le fa e tu le racconti. Insieme ai complimenti, le luci della ribalta le fanno piovere addosso anche queste frasi. Tutto per poche pagine "pruriginose" all'interno di un contesto più ampio; tutto perché è una giovane donna, tutto perché è una donna.

Margherita Mazzucco (Elena Greco) e Bruno Orlando (Franco Mari)
Margherita Mazzucco (Elena Greco) e Bruno Orlando (Franco Mari)
Margherita Mazzucco (Elena Greco) e Bruno Orlando (Franco Mari)
Margherita Mazzucco (Elena Greco) e Bruno Orlando (Franco Mari)

Il percorso di consapevolezza femminile di Lenù viene messo a fuoco episodio dopo episodio, e l'epilogo non sarà né scontato né gioioso. Prima, però, dovrà passare attraverso le forche caudine della cosiddetta sindrome dell'impostore, faccenda affatto rara per chi si misura col mondo della scrittura. Mentre il mondo intorno cambia a una velocità pazzesca, Lenù si sente sprofondare sempre più nel ruolo atavico di moglie e madre: dopo il matrimonio con Pietro, alla prima figlia ne segue presto un'altra, e la scrittura diventa un obiettivo sempre più lontano, impossibile da raggiungere.

Quanto è diverso il suo destino da quello inesorabilmente previsto per ogni donna del suo vecchio rione? Se Immacolata (Anna Rita Vitolo, straordinaria), sua madre, sottolinea con gioia il suo fare finalmente una vita "da signora" (e guai a lamentarsi), per Lenù è proprio necessario, scontato, inevitabile accontentarsi? Nonostante dal di fuori la sua appaia come una vita costruita su grandi fatiche (lo studio matto e disperatissimo, il romanzo pubblicato) e approdata a meritati successi, la nostra non è appagata. Il ragazzo di ampie vedute che ha sposato si è rivelato un uomo abietto, che tratta con sufficienza i suoi scritti, i suoi studi, le sue ambizioni, financo infastidito dall'avere una moglie colta e con delle opinioni (non richieste). A porgerle una mano mentre si affanna alla ricerca di un nuovo scopo è la suocera Adele, che la sprona a fare quello che sa fare, ovvero scrivere.

E Lila? Lila è sprofondata sempre più nel suo lavoro di operaia (sfruttata, vessata, malvista per il suo carattere ribelle) nello stabilimento di salumi ereditato da Bruno Soccavo (Francesco Russo), e nel ruolo di madre del piccolo Gennarino. Vive "platonicamente" con Enzo Scanno (Giovanni Buselli), uomo dolce e innamorato che la aspetta sempre, e sogna di tornare al rione. Sta male, Lila: la troppa fatica e le troppe umiliazioni l'hanno ridotta pelle e ossa, è malnutrita, il corpo non regge più. Soltanto la sorellanza con Lenù può salvarla, e lei accorre subito. Si prende cura di lei e di suo figlio, della sua salute e della sua situazione patrimoniale, facendo tutto quel che è in suo potere.

Nella vita di Lila sono comparsi in aiuto anche i sindacati e i compagni di sinistra, ma questa non è una saga della working class meridionale che si ribella al padrone: qui siamo sempre dalle parti del racconto di formazione, e le protagoniste sono due donne perennemente in trincea, pronte alla battaglia. Per questo teniamo a mente una frase che Immacolata dice a sua figlia: sei uscita da questa pancia, tu questa sei; se sei intelligente, io che t'ho messa al mondo lo sono più di te. Quella di Lenù e Lila è una fuga, a più riprese impossibile, dalle loro stesse origini.

In questa terza stagione la macchina da presa è passata dalle mani di Saverio Costanzo e Alice Rohrwacher a quelle di Daniele Luchetti, sempre attento a non relegare sullo sfondo i tanti avvenimenti che attraversano il nostro Paese in quegli anni, bilanciando Storia e storia con maestria. Luchetti ha dichiarato di essersi ispirato a John Cassavetes, regista che proprio negli anni Settanta ci ha regalato film indimenticabili, ed è ricordato soprattutto per l'uso costante e magico dell'improvvisazione nei suoi attori. L'insostenibile scena del pranzo a casa Airota con Pasquale e Nadia racconta sicuramente molto di questa influenza. Più in generale, la regia tende a essere molto immersiva, specialmente su Lenù – quanti magnifici primi piani, in questa stagione? – e a tratti allucinatoria, con piccole scene dall'atmosfera horror. Nulla che non fosse già presente nella forma letteraria, e che crea un ponte con le regie precedenti, soprattutto con quella della prima stagione.

Gaia Girace (Lila Cerullo)
Gaia Girace (Lila Cerullo)
Gaia Girace (Lila Cerullo)
Gaia Girace (Lila Cerullo)

Una buona parte dei meriti della riuscita dell'opera va però senz'altro riconosciuta alla scrittura, come e forse più delle precedenti stagioni, centratissima e incredibilmente tematica. I quattro sceneggiatori (Elena Ferrante, Francesco Piccolo, Laura Paolucci e Saverio Costanzo) ci regalano episodi senza mai una virgola fuori posto, e ai lettori più attenti della saga non sfuggiranno alcuni cambiamenti, come l'attribuzione del brutale discorso sui manganelli maschili e fascisti dal personaggio di Mariarosa a quello di Silvia, per fare un piccolo esempio.

Se la seconda stagione metteva a fuoco maggiormente le vicende di Lila, adesso la protagonista è per lo più Lenù. Lenù sempre in cerca di approvazione, soprattutto e dichiaratamente da Lila, che la ricambia con frasi d'impatto, talvolta sprezzanti, del tipo "chi sono io se tu non sei brava?", con il carico che un pensiero del genere può avere se espresso da chi geniale e brillante lo è da sempre, in maniera differente da Lenù, ma che si è dovuta fermare alla quinta elementare. Il viaggio di Lenù attraverso letture e frequentazioni femministe la porterà a ragionare sul fatto che lei scrive anche per un altro tipo di approvazione, ovvero ottenere una pacca sulla spalla e un "brava" dal mondo maschile, quella stessa realtà opprimente che l'ha spinta alla fuga da Napoli. Forse non è scappata abbastanza lontano. Oppure, come le abbaia contro sua madre, ha studiato così tanto che il suo cervello è andato in fumo.

A destabilizzare la sempre diligente e rispettosa Lenù è dunque un uomo, Nino Sarratore (Francesco Serpico), che ricompare nell'episodio non a caso intitolato "Ancora tu". Il suo è un personaggio ricorrentemente odiato da spettatrici e spettatori, ma al di là di questo è piuttosto complesso. Venuto fuori dal rione come Lenù, e come lei acculturato e in rampa di lancio verso il futuro, è anche lui in fuga da un esempio genitoriale (in questo caso il padre) in cui non si riconosce. In questa stagione è presente in modo intermittente eppure determinante, e la distanza tra gli ideali di cui ama rivestirsi e i suoi comportamenti reali lo fanno assurgere a personaggio leggendario, nella peggior accezione possibile.

Le attrici protagoniste e tutti gli altri personaggi non avranno più, dalla prossima e ultima stagione, i volti e i corpi che ci hanno accompagnato da circa metà della prima in poi. Se non poche sono state le polemiche quando i ruoli di Lila e Lenù fino ad ora, cioè ai trent'anni pieni, sono stati affidati su insistenza di Luchetti a due attrici di neanche vent'anni, adesso che è il momento di salutarle anche ai loro detrattori è salito il magone.

Francesco Serpico (Nino Sarratore) e Mattteo Cecchi (Pietro Airota)
Francesco Serpico (Nino Sarratore) e Mattteo Cecchi (Pietro Airota)
Francesco Serpico (Nino Sarratore) e Mattteo Cecchi (Pietro Airota)
Francesco Serpico (Nino Sarratore) e Mattteo Cecchi (Pietro Airota)

Riusciremo ad abituarci e ad affezionarci a una Lenù priva del caratteristico neo sul mento di Margherita Mazzucco? O a una Lila dallo sguardo differente da quello affilatissimo e magnetico di Gaia Girace? Per Lenù il passaggio di testimone è già avvenuto a fine stagione, in maniera morbida e tutto sommato prevedibile, affidando a un'iconica scena di riflesso nello specchio la comparsa di Alba Rohrwacher, voce narrante della saga fin dal principio.

Su tutti gli altri personaggi circolano ipotesi di nomi e nulla più, su cui è adesso inutile speculare. Gli attori cambieranno, ma il legame profondo fra le due protagoniste, a volte soffocante e ambiguo, altre disinteressato e sincero, altre ancora colorato di invidia e gelosia, resterà l'asse portante di una serie ambiziosa, dalla riuscita non sempre costante ma comunque appassionante nel suo sincero tentativo di narrare l'Italia degli ultimi decenni attraverso un'amicizia credibile e toccante.