Maggio 2013, porto di Cagliari. I 15 marittimi marocchini della nave Kenza entrano in sciopero per difendere il proprio lavoro e avere gli stipendi arretrati. La nave diventa la loro casa-fortezza: grazie all’aiuto dei cagliaritani, possono resistere. Sulla vicenda “indaga” uno studente, Salvatore (Curia), incaricato dalla professoressa universitaria Maria (Neri): non sarà mera ricerca sui diritti del lavoro, bensì inchiesta sulla precarietà del vivere oggi.

Regia del sardo Peter Marcias, La nostra quarantena ibrida documentario e fiction, associa alla condizione dei marinai resistenti lo smarrimento di Salvatore, soprattutto, suggerisce che nel mondo del lavoro si è tutti stranieri e il solo passaporto è la solidarietà.

La cornice finzionale, ovvero il passo  a due tra discente e docente, è traballante, ma il ritratto antropologico del caso Kenza – la nave ha lasciato il porto di Cagliari lo scorso agosto – è suggestivo: le interviste ai marinai restituiscono la polifonia della nostra quarantena esistenziale.