Il piccolo Jojo (Roman Griffin Davis, bravo) vive con la madre (Scarlett Johansson) nella Vienna nazista: siamo agli sgoccioli del secondo conflitto mondiale, il bambino si addestra per entrare nelle fila della Hitler Jugend, ma c’è di più, il Führer (Taika Waititi) è sempre al suo fianco, ovvero è il suo amico immaginario, mentore e guida insieme.

Lo sceneggiatore, attore e regista neozelandese trapiantato a Hollywood Taika Waititi (What We Din the Shadows film e ora serie, Thor: Ragnarok) eleva a potenza le ambizioni, trova qualche bella immagine e qualche esplosione a modino e licenzia questo Jojo Rabbit, benedetto dal premio del pubblico a Toronto e con (più di) qualche chance per l’awards season, Oscar in testa. Be’, poveri premi, se così dovesse andare perché a essere generosi il film - molto social, ma poco condivisibile - infila una teoria di problemi, a partire dal pubblico di riferimento, giacché se nel complesso si vota agli adolescenti e giù di lì, ha battute e snodi dichiaratamente indirizzati agli adulti. No, macché due pubblici, è già tanto uno.

Inoltre, se il desiderio di far ridere con prima che di Hitler può essere sì opzione scomoda e scoscesa, ma ancor più coraggiosa e lodevole, Waititi la incarta, la depotenzia e, dunque, la nega confezionando un pastiche che pare inteso – udite, udite! – per chi Hitler non sa chi sia, né Anne Frank, ma Scarlett Johansson – che pur brava più che Roise fa se stessa – la conosce benissimo. Insomma, pare Hitler in salsa Marvel, un meme nazista senza capo né coda, questo Jojo Rabbit, e tristemente si palesa il suo pubblico d’elezione: analfabeti, cinematografici e storici, a limitata funzionalità.

Nel cast anche il nazista buono – poteva mancare? – Sam Rockwell e Thomasin McKenzie per Elsa à la Anne Frank, nell’aere le canzoni dei Beatles, Jojo Rabbit è uguale e contrario al cinema di Tarantino, e segnatamente Bastardi senza gloria: se per Quentin il cinema può salvare il mondo cambiando la storia, Waititi ha il braccino corto, la boutade fiacca, i proiettili a salve, incarna il tipo che guarda se gli altri lo guardano.  Già, non si ride poi tanto, ma basta a farsi seppellire.