La commedia boccheggia, l’autorialità non fa testo: tocca ai nuovi attori dell’audiovisivo provare a cambiare scenario. A Netflix e ai suoi fratelli, a quella tv “all’americana” che lentamente, a fatica, senza fare sistema, prova a rimodellare il cinema italiano sul paradigma dei generi. Riecco il mélo (Alaska, che però è di Rai Cinema), il noir (Suburra), persino il thriller e l’horror.

Atmosfere quest’ultime di In fondo al bosco (produzione Sky Cinema in collaborazione con One More Pictures), che pesca dal doppio immaginario del paganesimo e dei dark tales per riadattarlo a casa nostra, tra le valli del Trentino. C’è il villaggio tranquillo con i segreti terribili, il bosco che bubola e il bambino che sparisce per tornare anni dopo, dal nulla. Ci sono quelli che si mascherano e quello che lo sono per davvero, diavoli. Tutto confezionato ad arte, come in un prodotto da esportazione.

Peccato che la regia di Lodovichi sia scolastica, i personaggi di contorno appena abbozzati e allo script manchi il coraggio di osare. Al registro allegorico/esoterico preferisce la psicanalisi familiare e addio horror. La prova però dei due protagonisti (Camilla Filippi e Filippo Nigro) convince e la sparizione del materno – nel paese delle Franzoni - è un sottotesto che inquieta davvero.