Nello e Rufetto sono due rapinatori “vecchio stile”, come li definisce l’interprete co-protagonista, Giorgio Tirabassi, al debutto in cabina di regia. Il film si chiama Il Grande Salto, appropriato ed evocativo per sancire il passaggio dell’attore (anche) al ruolo di regista.

Ma, purtroppo, non si tratta di un altrettanto grande salto, perché la pellicola, pur avendo chiari i propri riferimenti all’interno del pantheon italiano fatto di Scola, Monicelli e Risi, fallisce nell’aggiungervi una propria visione.

Insieme a Ricky Memphis, e nell’ottima compagnia degli amici e colleghi generosi donatori di un cameo ciascuno (Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Lillo), si racconta la crisi dilagante e trasversale, male economico, sociale e ormai anche antropologico. A viverla, due criminali sgangherati, ben assortiti tra loro ma fuori posto nel mondo. Progettano, tentano il colpaccio, ma ogni volta è sempre peggio. Che sia opera del destino?

La suggestione del disegno superiore può funzionare, a livello narrativo, problema è che gli si imputa davvero un intervento sulla struttura del film. A tal punto che ogni svolta deriva da elementi esterni ai protagonisti, che fino alla fine se ne lasciano attraversare.

Non mancano i momenti di ilarità, la coppia Memphis-Tirabassi funziona e diverte, sin dai tempi di Distretto di Polizia. Ma nel complesso, l’atmosfera non colpisce quanto potrebbe, ed è un peccato. All’apice del conflitto, quando i due si trovano di fronte a un muro, costretti ad agire, la soluzione dolceamara è gestita con un breve epilogo.

Si tratta di un film a basso costo, sostenuto da Sunshine Production e distribuito da Medusa, che ne ha acquistato i diritti in fase di realizzazione avanzata. Un caso atipico, che dà fiducia giustamente al team di primo livello (comprimari compresi: Roberta Mattei, Gianfelice Imparato, Paola Tiziana Cruciani). Ma l’esordio è tale al di là del coraggio, indubbio. Tirabassi, stavolta, prende le misure, in attesa del match di ritorno.