Forse sotto l'albero non è il suo posto, ma Il grande giorno di Massimo Venier con Aldo (Baglio), Giovanni (Storti) e Giacomo (Poretti) in forma crepuscolare, ovvero esistenziale, è più che discreto, va – ehm - a nozze col dramedy, fa i conti con le relazioni ed elegge il divano - né sdraiati, né eretti - a postura morale. È un film carino, nella sostanza umana, nei segreti e bugie di amici, mogli e mariti, figli, nelle geometrie variabili di famiglie allargate, unioni a scomparsa, sodalizi stagionali.


Un po’ Casomai, un po’ C’est la vie!, un tot ispirato, un tot derivato, Il grande giorno eleva a potenza il trio che fu nella sua inclusività, nel suo essere primus inter pares, nell’andamento non più solista, ma sinfonico. La scelta, meritoria, va ascritta a AGG, nonché a Venier e al resto della squadra di scrittura, Davide Lantieri e Michele Pellegrini, già al lavoro per il precedente Odio l’estate (2020), sicché il loro undicesimo film si fa apprezzare non per le risate, che pure ci sono, quanto per il malessere che queste non riescono a dissimulare: è una commedia amara, dolente quanto basta, che (si) mette in discussione tra gaffes e incidenti nella sua capacità introspettiva, valenza psicologica, voltaggio residuale.
 

Su quell’altro ramo del lago di Como, Giacomo e Giovanni, amici di vecchia data titolari della Segrate Arredi, stanno per sposare i figli, senza badare a spese: tre gironi di festeggiamenti, vini di pregio, chef di grido, cardinale celebrante e fuochi d’artificio. La situazione si incrina allorché l’ex moglie di Giovanni (Lucia Mascino) si presenta con il nuovo incontenibile compagno Aldo, ma è solo l’innesco del redde rationem, di un Festen un po’ ilare e un po’ lariano, che esalta in levare, per minimalismo le virtù attoriali di AGG e degli altri interpreti, tra cui le mogli Antonella Attili e Elena Lietti, il maitre Pietro Ragusa e il sacerdote Francesco Brandi.


Nulla per cui strapparsi i capelli, molto per non rimanere delusi, Il grande giorno ha gli occhi lucidi di Giovanni, l’istrionismo risonante di Aldo, il vomitino di Giacomo, sopra tutto, absit iniuria verbis, lo scarto esistenziale, l’anello, ehm, che non tiene, la seconda possibilità che lungi dall’essere dimezzata è foriera di felicità. Più che Chiedimi se sono felice (2000), dimmi che non lo sono, e cambiamo strada: le musiche di Brunori Sas aiutano, la sequenza del filmino – sì, abbiamo pure la mise en abyme… – commovente, Il grande giorno quasi un’antifrasi rivelatoria.


Le Feste alla vigilia vedono Avatar 2 davanti e mooolto dietro tutti quanti, ma questo Trio può essere una garbata sorpresa: deciderà il passaparola. Aldo Giovanni e Giacomo e un matrimonio che non s’ha da fare: sotto l’albero l’alternativa alla famiglia Na’vi.