Ci sono vegliardi con le spalle al muro e altri che i muri se li lasciano alle spalle. Come Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, titolo e protagonista della scatenata commedia senile (no, non è un controsenso) di Felix Herngren, anche sceneggiatore.
Tratta dal bestseller mondiale firmato da Jonas Jonasson, cinepanettone dell'ultimo Natale scandinavo - ha incassato quattro milioni di euro in cinque giorni: la più grande apertura di sempre nella storia del cinema svedese - è la storia di un vecchietto, Allan, che al compimento dei cento anni scappa dall'ospizio e vive avventure picaresche con un'improbabile armata Brancaleone, formata da un capostazione in pensione, una promessa mancata dell'Università, una campagnola e il suo grosso elefante.
Tutto ruota attorno a una valigia piena di soldi che la strampalata compagnia ha sottratto a una gang di skinhead, cui seguono fughe, equivoci e casini vari. Rocambolesca appendice di una vita, quella di Allan, che era già stata straordinaria, punteggiata da eventi storici (dalla bomba atomica alla guerra fredda) e personaggi importanti (da Franco a Stalin, da Oppenheimer a Reagan).
Allan Karlsson è una specie di Zelig scandinavo, un puro e inconsapevole Forrest Gump con l'inettitudine distruttiva di un Buster Keaton (non a caso la sua specialità è la dinamite). Modelli che l'irresistibile performance di Robert Gustaffson assimila e ripropone in modalità implosiva e catatonica. E' grazie a lui se questa operazione, che frulla con disinvoltura slapstick e black comedy, non è solo derivativa. Il modo in cui trasforma in pura forza corrosiva il registro monotono e la mimica catalettica, alza l'asticella qualitativa del film proiettandolo oltre la dimensione farsesca. Allan diventa così a maschera fessa e maligna del secolo breve, l'icona plastica di un manuale di sopravvivenza per idioti. L'uomo con le chiavi in mano della Storia e nemmeno la più pallida idea di come usarle.
Fondamentalmente l'ottuso demiurgo che quel tempo si merita.