Vanno di moda i Papi ultimamente. Al cinema, così come in televisione, pullulano i film e le serie tv nelle quali sono protagonisti. L’ appena uscita The New Pope, sequel di The Young Pope, firmata dal premio Oscar Paolo Sorrentino, che vede il ritorno di Jude Law, ne è la riprova. E non è neanche cosa nuova raccontare sul grande schermo i dubbi che attanagliano colui che si affaccia ogni domenica dal balcone di San Pietro per incontrare i fedeli, rendendo di conseguenza la sua figura più umana, spogliandolo della sua veste di santità e restituendocelo uomo normale (qui mangia la pizza, beve la Fanta e si prenota voli per Lampedusa), con i suoi dubbi e le sue paure.

A sdoganare le crisi di coscienza di un Papa, appena eletto, preda di un vero e proprio attacco di panico e deciso a rinunciare al suo mandato, ci aveva già pensato nel 2011 Nanni Moretti con il suo Habemus Papam. Un film per certi versi profetico, che anticipava quel che sarebbe accaduto, viste poi le storiche dimissioni di Benedetto XVI (era l'11 febbraio del 2013).

In The Two Popes del brasiliano Fernando Meirelles, sceneggiato da Anthony McCarten, si racconta, invece, proprio quello che in seguito realmente successe, ovvero il delicato momento storico, uno dei passaggi di potere più drammatici degli ultimi duemila anni, nel quale il cardinale Bergoglio (Jonathan Pryce, impressionante per l'effettiva somiglianza fisica con Papa Francesco) succede al “dimissionario” Papa Benedetto (Anthony Hopkins). Non bisogna però cadere nell’errore e pensare che in questo caso si tratti semplicemente di cronaca. Al contrario, il film si discosta dalle teorie ufficiali fatte sulle dimissioni del Papa, in primis quelle che non era fisicamente in grado di andare avanti, e solleva incertezze, perplessità e dubbi sulla fede, ipotizzando che persino Papa Ratzinger non sentisse più la voce di Dio. Insomma, se la crisi esistenziale, lo smarrimento e lo sconvolgimento interiore era iniziato con il cardinale Melville di Moretti, qui prosegue: l’uomo è fragile e chiunque può provare “la scura notte dell’anima”. Persino colui che dovrebbe essere una guida spirituale per gli altri, come il Papa, può vacillare. Dubbioso e scettico da un lato, timoroso e titubante dall’altro, e proprio per questo così umano. Un’umanità che emerge dal confronto serrato tra i due protagonisti (e che protagonisti: le interpretazioni di Hopkins e Pryce- non a caso entrambi candidati all’Oscar, il primo come non e il secondo come attore protagonista- sono davvero pazzesche) così diversi tra loro: l’uno più propenso alle riforme, l’altro più radicato nella tradizione. Una differenza più che mai attuale (proprio ieri, sette anni dopo la sua rinuncia al soglio di Pietro, Benedetto XVI è uscito dal suo silenzio chiedendo a papa Francesco di non intraprendere la strada dell’ordinazione di uomini sposati).

Così come attuale, quasi urgente, è il messaggio di questo film. E’ nelle discrepanze e nelle differenze, attraverso l’incontro, il dialogo autentico, l’ascolto e la condivisione delle proprie idee, nonché delle proprie fragilità, che s’impara a conoscere l’altro. A un certo punto Bergoglio ci spiazza e canta Dancing Queen degli Abba, Ratzinger risponde secco: “Non conosco”. Ecco, è proprio da lì che parte la conoscenza. Un’apertura all’altro di cui oggi più che mai abbiamo bisogno