François Ozon è riuscito a fare del suo Grâce à Dieu, sullo scandalo degli abusi nella diocesi di Lione, un film imperturbabile, quasi privo di ambizioni, scarno e  preciso come un buon documentario.

Un film solido, in grado di far riflettere dall'inizio alla fine, che non cede alla polemica. Ancorata a una sceneggiatura scritta con cura e a dialoghi incisivi al punto giusto, la vicenda raccontata dal cineasta francese è quella che coinvolge il prete settantenne Bernard Preynant che, nel 2016, dopo 25 anni di silenzi, è stato accusato di molestie sessuali da circa 70 ex parrocchiani tra il 1986 e il 1991.

L'autore francese non rischia molto sul versante formale,  la sua messinscena non prevede momenti o iperboli che tagliano la memoria lasciandole i segni, ma è il disegno d'insieme a risultare decisamente riuscito, grazie anche a un cast intenso e ben assortito (dove svetta Melvil Poupaud, che aveva già lavorato con Ozon nel bellissimo Il tempo che resta e ne Il rifugio). Il cast è formato da Melvil Poupaud, Denis Ménochet e Swann Arlaud.

Ozon si concentra sulle vittime, le ascolta, gli dà voce, analizza le forme assunte da vite segnate da incontri sessuali violenti nell’età più acerba e vulnerabile. Mostra la sua arte Ozon soprattutto nella distanza che mette tra sé e il racconto, lasciando che la vicenda cambi prospettiva da un protagonista all'altro.

Per il resto Ozon rimane in disparte a guardare i suoi attori e ad ascoltarli recitare le deposizioni delle vittime trascritte nella sceneggiatura. Il film di Ozon, che si basa sul libro giornalistico Grâce à Dieu, c’est prescrit di Marie-Christine Tabe, resta giustamente aperto, il dibattimento è ancora aperto e, forse, il processo si concluderà questa primavera.

Un film importante, che apre un ampio spazio di discussioni e riflessioni in vista del mega summit sugli abusi del 21-24 febbraio fortemente voluto da Papa Francesco.

Orso d'Argento a Berlino 69.