Un dinosauro nell’apocalisse. Cieli di fuoco, colori da fine del mondo. L’arancione che diventa rosso, la luce che piano piano si spegne. Spazio all’oscurità, al terrore di un’invasione, di un nemico ancestrale che risorge dalle sue ceneri. Ombre al crepuscolo, proiettate su pitture rupestri, disegni stilizzati che trasformano la storia in leggenda.

Una volta Godzilla rappresentava la paura del nucleare formato fumetto, oggi porta la bandiera di una rinnovata spinta ecologista. Distruggere per proteggere, fare tabula rasa per ripartire. Retorica da blockbuster. Pretesto (la devozione ambientalista) sempre affascinante per chi vuole scatenare un pandemonio.

Godzilla contro Ghidorah (Idra a tre teste) ancora una volta, come in Sandai Kaiju – Chikiu Saidai no Kessen del 1964. Il mostro che si scopre protettore degli indifesi, spirito del nostro pianeta che non vuole abdicare davanti all’inarrestabile cavalcata dell’ambizione umana. Uno scontro tra giganti, una lotta tra dei, dove l’umanità può solo essere testimone della propria disfatta.

È la linfa primaria del MonsterVerse, universo dove a sfidarsi sono bestioni sputafuoco alti come palazzi. Il ring sono le nostre metropoli, che si sgretolano, fatte a pezzi dal furore di creature millenarie. Godzilla II – King Of The Monsters è un’esperienza imponente, un’indigestione di effetti speciali degna di un appetito pantagruelico.

Un pasto luculliano, che sazia gli amanti del frastuono ad alto budget. Aspettando l’arrivo di King Kong, per ora sull’Isola del Teschio, ma pronto a far esplodere la sua rabbia in Godzilla vs. Kong previsto per il 2020.

I due si erano già scannati nel 1962 ne Il trionfo di King Kong, dove fu lo scimmione ad avere la meglio. Al suono della campana, sono pronti per un altro round. Intanto il regista Michael Dougherty studia alla scuola di Gareth Edwards (autore del Godzilla in salsa americana del 2014), e mette in scena la vittoria del gigantismo, avvolto da un’atmosfera cupa, dalle sfumature titaniche. Andata e ritorno in un girone dantesco senza via d’uscita.