Bianco e nero, di necessità. Bianco e nero, per virtù. Valentina Pedicini rientra in una comunità di ex campioni di arti marziali divenuti monaci cristiani e fa professione di fede in ciò che vede: non osservazione partecipata, ma partecipante, in cui la stessa scrittura filmica, la luce appunto, rivela il mondo, il world apart, l’hortus conclusus dei monaci che vestono solo di bianco, che vivono, pregano, combattono con un solo colore.

Faith per titolo, sospensione dell’incredulità d’abitudine, apertura di credito per eccezione: Pedicini non giudica, semmai ferma un secondo di più la camera su una scena, un’esortazione, un rimprovero, uno sprone, una sanzione, altro che zen..., affinché possiamo farci un giudizio noi.

In cartellone alla Berlin Critics' Week - Woche der Kritik dopo l’anteprima mondiale all’IDFA di Amsterdam, Faith si mette regia, camera, suono e assistente camera nel monastero, per mesi, tra monaci guerrieri e madri guardiane, embedded, a guardare, osservare, riflettere preghiere notturne, allenamenti diurni, balli sfrenati di questi Guerrieri della Luce.

L’accesso è negoziato, l’ossessione catturata, iterata, adottata, ma più di tutto può la lotta, dei monaci per la fede, del Bene contro il Male, senza esclusione di colpi, sopra tutto, senza esclusione di corpi: il maestro, Laura e gli altri sono corpi che trasgrediscono la corporeità stessa, che tracimano l’istinto e il raziocinio per essere luce, per essere bianco assoluto. Assolutistico? Sì. Assolutorio? Mai. E perché, almeno a chi scrive, viene in mente più di una volta l’Aleksandr Nevskij di Ėjzenštejn con i bianchi, e nazisti, cavalieri teutonici?

Metodo e disciplina, etica ed estetica, in fondo, Pedicini non filma (solo) un mondo ma un film, di qui la palese valenza metacinematografica, ancor più che metafisica, di Faith: “Che si è disposti a perdere per vincere in nome della Fede?”, non solo, “che si è disposti a perdere per vincere in nome del Cinema?”.

Dopo l’esordio nella finzione Dove cadono le ombre (2017), Pedicini continua a scrivere, e sovrascrivere eideticamente, la luce: il direttore della fotografia Bastian Esser è il suo profeta, credere, obbedire e combattere – sì, così - la madre di tutte le battaglie.  E se c’è fede, se c’è Faith - cantano i Modà remixati da Gabry Ponte - “brilli, non ti spegni”. Forse.