Chi almeno una volta non ha incrociato con lo sguardo un’opera di Maurits Cornelis Escher. Il suo uso razionale di poliedri, distorsioni geometriche ed interpretazioni originali di concetti appartenenti alla scienza, sovente per ottenere effetti paradossali, ha e continua ad affascinare persone a tutte le latitudini. Escher–Viaggio nell’infinito, il documentario di Robin Lutz, ci guida alla scoperta dell’onirico mondo dell’incisore e grafico olandese, che ha influenzato intere generazioni grazie ai suoi trompe l’oeil e a un’arte che scava nella psiche.

Per farlo, Lutz ha usato come linea guida le pagine (lettere, diari, lezioni e appunti) che l’artista ha scritto negli anni, affidate per l’occasione alla voce di Stephen Fry che le fa rivivere sullo schermo in un flusso di ricordi, aneddoti e riflessioni che ne restituiscono tanto il lato intimo quanto l’ipnotica visione professionale. Ne scaturisce un ritratto a 360°, utile per comprenderne il genio e per conoscerlo ancora più in profondità.

Il risultato è una biografia classica nella confezione e nel modus operandi, che alla narrazione epistolare in prima persona alterna interviste frontali a parenti e addetti al lavori che portano a galla una serie di tratti inediti.