Una madre single si sposta dalla Costa d’Avorio a Parigi con due dei suoi figli. È l’opera seconda della francese Léonor Serraille, Due fratelli, in Concorso a Cannes 75.

Tre capitoli, vent’anni di arco temporale, ha per protagonista Rose (Annabelle Lengronne, vitale, elegante e tosta), che senza false idealizzazioni né rassicuranti compromesse erge a status di mater familias, con risvolti importanti sul piano ideologico, alla voce femminismo. Nondimeno, il personaggio è più ambiguo, meno paradigmatico rispetto alla protagonista di Jeune Femme, il premiato – Camera d’Or a Cannes 2017 – esordio di Serraille.

Divertente, ottimista, persino indomita, conosciamo Rose in medias res, senza troppi elementi del passato, fatta salva l’origine, Abidjan, l’epoca, fine anni Ottanta, e la compagnia: Jean (Sidy Foudana), dieci anni, e Ernest (Milan Doucansi), cinque. Perché sia immigrata, e per chi, non è dato sapere.

Capitolo dopo capitolo, all’incirca con focus 0 – 10 – 20 anni, conosceremo i partner di Rose, ci sposteremo di città, da Parigi a Rouen, e vedremo i piccoli crescere con molti, se non tutti, i problemi del caso.

Si riflette sulle radici e sul radicamento, sulle tradizioni e sull’ambientamento, con larghe riflessioni sull’immigrazione, anche intelligenti e sfidanti, della serie se sia meglio un francese sposato o un immigrato libero quale compagno di vita.

Ma quando dopo il primo terzo Lengronne, ovvero Rose, molla il colpo, e non è più così protagonista, Mother and Son – in originale è intitolato Un petit frère, le idee non devono essere chiarissime - si smoscia, s’intristisce con e nelle storie dei figli, si rinchiude nella sua stessa medietà, se non piccineria.

Nulla da ricordare, la delicatezza s’accoppia alla banalità, il compitino alla tesina. Meglio tenere solo il primo capitolo, e farci un corto o, al più un mediometraggio, Mother.