Il cinema degli eventi mirabolanti e degli effetti psichedelici trova fin qui il suo massimo esponente nel Doctor Strange di casa Marvel. La madre di tutti i fumetti svernicia la concorrenza e, per la prima volta dopo anni, sforna un giocattolone dalle infinite possibilità visive. Il mondo delle arti magiche soppianta le armature ricercate di Iron Man e il martello di Thor, per trasportare la platea in una realtà alternativa, dove niente è quello che sembra. Gli edifici si capovolgono, cambiano forma in pieno stile Inception, e le strade di Londra diventano lo scenario stupefacente per una sfida millenaria: tra Buckingham Palace e il Big Ben, tocca all’uomo della strada di trasformarsi nel salvatore del mondo.

Il neurochirurgo Stephen Strange è uno dei migliori nel suo campo. È un luminare del settore, arrogante e ostinato, che in parte ricorda il suo collega Tony Stark. Ma anche i migliori sbagliano, e una telefonata al volante gli costa quasi la vita. La sua fuoriserie vola giù in un burrone, e il nostro eroe, interpretato da Benedict Cumberbatch, si salva per un pelo. Però le sue mani sono distrutte: non potrà mai più operare. L’unica via è seguire il cammino dello spirito e spingersi nel lontano Nepal, dove anche i mali inguaribili si sciolgono in un semplice raffreddore.

Scott Derrickson è un solerte artefice del brivido. Nella sua carriera ha diretto sei lungometraggi, quattro dei quali sono horror. E’ il regista di Sinister, Liberaci dal male, Hellraiser 5 e The Exorcism of Emily Rose. Ma questa volta abbandona il sentiero della paura, e accetta il gigantismo della Marvel. Smentendo la famosa canzone, il mondo ha sempre bisogno di nuovi eroi, e specie in tempi di crisi planetaria, si aggrappa con sollievo alle prodezze dei superuomini, trova rifugio nella fantasia consolatoria, dove qualcuno veglia su ogni nostra mossa. Questa è la potenza del cinema: far sognare i bambini con improbabili avventure e risvegliare un po’ d’incoscienza nell’animo fragile degli adulti.

Il dottor Stephen Strange è l’arma vincente di questo mondo nel quale i pericoli arrivano persino da altre dimensioni. La sua voce profonda incanta come una musica, e la sua caparbietà lo porta ad acquisire doti magiche senza precedenti. Ma da grandi poteri derivano sempre grandi responsabilità, ed è perciò condannato a fare imprese sempre più strabilianti. L’Alan Turing di The Imitation Game abbandona i numeri, per proiettarsi in una sfera alternativa ricca d’insidie inusitate. E se il cattivo di turno non buca lo schermo poco importa, quando il protagonista è in grado di caricarsi l’intero film sulle spalle.

Doctor Strange può ricordare il primo Iron Man, e si candida a essere il miglior film fracassone dell’era Avengers. Fa perno su un genere ormai collaudato, trovando la sua originalità nella manipolazione del tempo e nel ritratto del protagonista. Strange non è un angelo, è un semplice medico fin troppo risoluto, che con tutti i suoi difetti alla fine con può che risultare simpatico. Lo vedremo ancora? Sicuro. La Marvel è sempre gravida di nuovi incantesimi, e la gente aspetta solo di essere salvata. Almeno sul grande schermo.