1897, Messico. Il celebre cacciatore di taglie Max Borlund (Christoph Waltz) si imbatte in Joe Cribbens (Willem Dafoe) che aveva spedito in prigione alcuni anni prima. Ma il passato può attendere: Borlund deve ritrovare e portare a casa Rachel Kidd (Rachel Brosnahan), moglie di un ricco uomo d’affari di Santa Fe, rapita e presa in ostaggio da un soldato di colore. Ma le apparenze tradiscono una realtà di violenze domestiche, e gli interrogativi morali entrano in campo: qual è la taglia, e su chi? Max e il suo aiutante Alonzo Poe (Warren Burke) non hanno nulla da guadagnare, fuorché l’onore: mercenari spietati, tronfi signorotti, uomini di legge senza legge, chi avrà la meglio?

Fuori Concorso a Venezia 79, dove il regista riceve il Cartier Glory to the Filmaker, è Dead for a Dollar di Walter Hill, l’autore classe 1942 di cult quali I guerrieri della notte, 48 ore, Johnny il bello, Strade di fuoco.

Già avvezzo al western, specialista preclaro dell’action, “stilista” di gusto e sostanza, qui non aggiunge nulla al suo corpus, ma adattando la sceneggiatura di Matt Harris, The Moon of Popping Trees, dimostra che si può morire per un dollaro – no, Sergio Leone non è della partita – ma vivere per il cinema.

Non ha particolare interesse per le sparatorie, davvero di mero servizio, e nel finale sbaglia la conta mortuaria dei mercenari (sono otto compreso il capo, ma ne cadono nove più uno che se la dà a gambe…), piuttosto Hill aggiorna i topoi del western allo Zeitgeist, evidenziando l’autodeterminazione femminile, nonché la sorellanza, e la coscienza razziale.

Poco altro da dichiarare, se non che Waltz, Dafoe e Brosnahan sono ordinariamente bravi, le lande aride, la forma di pronta beva, le geometrie quelle variabili dell’avidità, il sole infuocato e… Running Up That Hill.