Si parte comodi, un infanticidio: la madre soffoca il figlio col cuscino, giacché ha mangiato plastica. E poi dentro nel body horror, tra registro nazionale degli organi, desktop surgery alla mercé di tutti, performance di chirurgia, “chirurgia è sesso”, "l’evoluzione umana potrebbe andare fuori controllo, nell’insurrezionale", e poi autopsie, trapani che perforano crani. E una questione non differibile: la crescita tumorale, che catalizza la bellezza interiore, può essere considerata arte? E, ancora, la certezza: “La chirurgia è il nuovo sesso”.

È il nuovo film di David Cronenberg, il ritorno del maestro canadese al sottogenere che l’ha reso grande, il body-horror: Crimes of the Future il titolo, la competizione di Cannes 75 l’alveo.

Otto anni dopo Maps to the Stars (2014), trasforma un soggetto vecchio di due decenni, chiamando il sodale Viggo Mortensen, Léa Seydoux e Kristen Stewart a una nuova manipolazione organica, a un inedito spettacolo di inner beauty, con letti nutritivi, poltrone vertebrali, tagli chirurgici e allevamenti di organi tatuati dalle funzioni ignote. È la performance, che unisce Saul Tenser (Mortensen), un famoso body artist, a Caprice (Seydoux), nel mostrare la metamorfosi dei propri organi in spettacolo d’avanguardia, e affascina persino i preposti censori del Registro Nazionale degli Organi, Timlin (Stewart) e Wippet (Don McKellar); attira il padre del bambino (Scott Speedman) che propone a Saul un’autopsia showcase dello stesso pargolo; richiama “colleghi” quali il Dottor Nasatir (Yorgos Pirpassopoulos) e la socia Adrienne Berseau (Ephie Kantza).

Cronenberg ha girato ad Atene, sfruttando condizioni vantaggiose, e il setting distopico e postapocalittico non incanta ma nemmeno scontenta: a sapere di trovarsi nella capitale greca non si può non pensare alla recente crisi. E nemmeno scontentano gli attori, sebbene i ruoli non siano troppo premianti, un filo passivi insomma.

Ma i problemi sono altrove, e ben altri: tagliamo corto, Cronenberg ha dichiarato più volte, anche l’anno scorso a Matera, che “il cinema è morto” – l’ha detto in italiano al magazine Movie Mag di Rai Movie – e c’è da credergli, almeno per il cinema che lo riguarda.

Vi ricordate Il demone sotto la pelle (1975), Rabid (1977) e La mosca (1986), le pietre miliari del body horror? Mutazioni, contaminazioni e infezioni corporali erano istruite, informate e nutrite di cinema, e cinema tout court, a insinuare non solo provocazione ma disturbo, non solo perversione ma interrogazione per immagini in movimento?

Ebbene, riguardatevi quelli, perché il settantanovenne regista se li è dimenticati, almeno cinematicamente: Crimes of the Future ne è un sunto anodino, immoto, iperverbalizzato, che prende quelle premesse-promesse e le sterilizza, che prende Michel Foucault e ne fa un bignamino.

Difetta di interesse, latita di scandalo, le carni sono tagliate un tanto al chilo, gli organi rimossi con orgasmi fatui, rimane negli occhi e negli orecchi dello spettatore più che queste “trovate” la difficoltà di deglutizione di Viggo e le maniche tirate sulle mani, il nudo della Seydoux e, ancora di Viggo, la battuta: “Non sono molto bravo a fare il vecchio sesso”. Tutto il resto è plastica, reperto e residuo: no future.