Opera seconda di Juho Kuosmanen, il regista finlandese classe 1979 di The Happiest Day in the Life of Olli Mäki (2016), Compartment no. 6 è in Concorso a Cannes 74.

Dal romanzo omonimo di Rosa Liksom, segue una giovane donna finlandese, Laura (Seidi Haarla), che lascia a Mosca – ma forse è vero il contrario - l’amante, una professoressa di letteratura, e prende il treno alla volta del porto artico di Murmansk, con l’intenzione di osservare le iscrizioni rupestri (petroglifi) e soddisfare le sue velleità da archeologa. Siamo negli Anni Ottanta, e lo scompartimento sei che dà il titolo si troverà a dividerlo con un minatore russo, burbero se non misantropo, Ljoha (Yurij Borisov).

L’incontro li avvicinerà progressivamente, nell’accettazione delle differenze, dell’alterità, più che nella sintesi, ed entrambi saranno portati a riflettere sulla condizione umana, nella convinzione del regista che “la libertà non è una teoria infinita di opzioni, bensì la capacità di accettare le proprie limitazioni”.

Il film procede per minimi slittamenti di senso, e sentimento, fino a un’epifania artica, ovvero trattenuta, lieve: non succede nulla di eclatante in quel vagone, in quel treno alla volta della Siberia, ma perché dovrebbe?

È rasserenante, che poco accada, ma che molto in realtà si modifichi, e per il bene: Compartment no. 6 ha un effetto ansiolitico, una certa nostalgia del futuro, un piacere piccino. Grandi prove attoriali, palese capacità da parte di Kuosmanen di infilare nel Kammerspiel su rotaia il mondo, ovvero la nostra rappresentazione.