Avevamo lasciato il Paese a rischio di legalità, con l’incertezza sull’esito delle elezioni, una telefonata per trasformare le schede bianche in quelle del partito giusto: il Pilu. Parola di Cetto (Antonio Albanese) e non uno Qualunque, allora calabrese latitante in Sudamerica per vari reati e richiamato in patria per difendere la sua Calabria dalla giustizia. Per fare Qualunquemente Albanese aveva attinto dalla realtà e seguito decine di comizi in tutta Italia, in cui si prometteva qualsiasi cosa per racimolare voti in più. Che le fogne avrebbero emesso buon odore, che l’eternit sarebbe sparito e le strade lasciate a metà sarebbero state costruite.

Nove anni dopo, in Cetto c’è, senzadubbiamente, scritto sempre con Piero Guerrera e diretto da Giulio Manfredonia, distribuito da Vision dal 21 novembre, Cetto se ne sta buono buono in Germania, con i capelli coloro platino e un bel vestito verde con cravatta in tinta e ha abbondonato ogni ambizione politica. La sua catena di ristoranti e pizzerie spopola; ha una bella compagna tedesca e due suoceri neonazisti che lo guardano con la simpatia riservata ai migranti. Il richiamo della sua terra tuttavia resta forte e la notizia dell’aggravarsi delle condizioni dell’amata zia che lo ha cresciuto, lo induce a tornare a casa.

In realtà la zietta, che morente non è, gli svela un segreto: il padre, che Cetto immaginava venditore di candeggina e il solo profumo glielo faceva tornare in mente con dolcezza, in realtà era un principe, un Buffo di Calabria. La somiglianza con l’ipotetico genitore è decisamente fortissima, Cetto si convince quasi subito, manipolato dall’abile Venanzio (Gianfelice Imparato), orchestratore di tutta la vicenda per fini personali. E incomincia a entrare nel ruolo: i vestiti regali, il regno delle due Calabrie (in… a Cavour), L’incoronazione agognata dal Papa.

Il matrimonio con l’Infanta di Spagna, perché l’Italia ha bisogno di un sovrano, un presentimento? Qualche promessa in più (sarà sempre primavera, più pilu per tutti…) e il gioco è fatto. Con una stoccata alla piattaforma online per votare, ai festini che hanno fatto il giro del mondo e ai deliri di onnipotenza dei nostri politici italiani.  E una bella intuizione beffata dalla realtà.