Al teaser i fan insorsero: ma il Freddie Mercury omosessuale dov’è? E il Freddie Mercury malato di Aids? Il film completo, invero, non cambia le domande in tavola. E’ Bohemian Rhapsody, per cui Rami Malek smette la felpa con cappuccio dell’hacker di Mr. Robot e indossa i pantaloni attillati, le borchie e gli orpelli della “lead voice” dei Queen.

Se ne parlava da almeno dieci anni, con una teoria di attori affiancati a Freddie, in primis Sacha Baron Cohen e poi Ben Whishaw, e nemmeno in corso d’opera sono mancati gli stravolgimenti: il regista Bryan Singer, che figura in solitaria nei credits, è stato licenziato, a rimpiazzarlo Dexter Fletcher, con vasto impiego di CGI, sopra tutto per il leggendario Live Aid di Wembley 1985, che qui apre e chiude, con i Queen sul palco e 70mila spettatori in visibilio.

Se non il final cut, Brian May e Roger Taylor hanno avuto l’ultima parola, puntando a un biopic conservatore, accomodante, se non pusillanime: si respira un’aria dorotea, con i vizi di Freddie nel fuoricampo, la fidanzata e poi amica Mary Austen a restituirgli una patente di “rispettabilità” etero, e molta musica per nulla. Povero Freddie, che santino sciapo: se lo meritava? Ce lo meritiamo?