Nicolas Sheff (Timothée Chalamet) ha 18 anni, e molto altro: è bello, ama leggere, scrivere, eccelle negli sport. Andrà al college, per la gioia di papà, il giornalista David (Steve Carrell). Tra l’essere e il realizzarsi si mette di mezzo la droga, sopra tutto la metanfetamina crystal meth. Nicolas ne diviene dipendente, entra ed esce dal rehab, si pulisce, ci ricasca, e David non sa che fare, meglio, non sa come salvarlo: una via Crucis meccanica, sorda, ineluttabile, con croci come se piovesse, e forse alcuna redenzione possibile.

La famiglia tutta, non solo David, cerca di aiutare Nic: i figli avuti dal padre con la nuova moglie Karen (Maura Tierney), la madre Annie (Amy Ryan), ma c’è qualcuno all’infuori del ragazzo, di questo Beautiful Boy, che possa qualcosa?

Tratto dalle autobiografie di padre e figlio Sheff, il dramma di Felix Van Groeningen non è un grande film, tutt’altro. Gli interpreti senza strafare fanno la loro parte, anche se il bel Chalamet (Call Me By Your Name) denuncia una preoccupante inclinazione alla faccette, ma c’è molto altro che non va, a partire da un uso pornografico della colonna sonora, inopinatamente tesa a glorificare, circonfondere di lirismo la scimmia e i suoi derivati. Davvero, fa impressione, è vilipendio di drogato, e quando arrivano i Sigur Ros, beh, abbiamo capito che non c’è rimedio.

 

Poi, c’è una mancanza di risolutezza ed empatia, al netto di abbracci stucchevoli, nell’analizzare, anche solo nel passare in rassegna i trascorsi familiari di Nic: non si pretende l’individuazione di un nesso causa-effetto, di un quid scatenante, ci mancherebbe, ma qui è tutto talmente erratico, suggerito, solo sfiorato che sembra quasi Nic abbia iniziato a drogarsi per i troppi voli presi da solo ancora bambino, facendo la spola tra San Francisco e Los Angeles, papà (affidatario) e mamma.

Latita, ed era un difetto già pienamente riscontrabile nel suo Alabama Monroe, in van Groeningen la capacità di incidere carni e sguardi, di non limitarsi alla superficie, e superficialità, dei rapporti e dei problemi: non echeggia nulla, non si evoca alcunché, e peraltro, a parte qualche bella e incongrua e posticcia inquadratura, la forma è piatta.

L’abbiamo capito, Nic è il drogato della porta accanto, il tossico acqua e sapone, ma ha sbagliato film, senza dubbio il regista.