Dal 1989 al 2001, c’è forse chi non l’abbia vista, Baywatch? Chi non ricordi il fustacchione David Hasselhoff e la giunonica in plastica Pamela Anderson? No, li ricordiamo tutti, ed entrambi ritornano qui, in cammeo: David e Pamela, vestigia e reperti di un altro cinema, un’altra tv, un latro audiovisivo.

Effetto nostalgia, supplenza di un passato che non è più ed è ancora: Baywatch si fa film, regia elementare e alimentare di Seth Gordon, che di idee nuove in giro non ce ne sono poi molte, né di migliori.

Usato sicuro, cambiare tutto perché nulla cambi e dietro il cammeo-imprimatur ecco gli eredi: Dwayne “The Rock” Johnson nella parte di Dwayne “The Rock” Johnson e Zac Efron nella parte di un perculato Zac Efron, apostrofato di tutto, da Justine Bieber a NSYNC, cui tocca perfino esplorare scroto e perineo di un cadavere alla morgue. Vabbè, il maschio alpha e il maschietto a geometrie variabili.

Poi, le bellone in costume riveduto e zippato: Alexandra Daddario, Kelly Rohrbach, Ilfenesh Hadera. E un’altra bellona per cattiva: Priyanka Chopra. E perché la spiaggia non basta più, un’indagine tra cristalli e omicidi, stereotipi razziali e stereotipi su tutto il resto, inverosimiglianze e ebetitudini: negli Usa, massacrato dalla critica a dispetto – spergiurano dalla produzione – di “test positivi”, gareggia con King Arthur, che però lo sopravanza di 70 milioni di budget, per IL flop di questo anticipo d’estate.

Non che sia così terribile, questo Baywatch, ma è irrefutabilmente inutile, posticcio, memore e immemore insieme, né carne né pesce, né balneare né detection, con battute e situazioni che di sessualmente esplicito hanno solo gli attributi. Sì, due palle.