Neanche il tempo di un titolo di testa, Bad Luck Banging or Loony Porn di Radu Jude – Orso d'Oro alla 71ma Berlinale – ci schiaffa in pieno volto un filmino amatoriale senza censure di un amplesso focoso e consenziente.

È il prologo segnante che determina l’acuta e irriverente riflessione del regista rumeno, capace di firmare un film apparentemente anarchico e folle, in realtà lucidissimo e controllato: diviso in capitoli (1. Strada a senso unico; 2. Breve dizionario di aneddoti, simboli e meraviglie; 3. Prassi e allusioni; 4. Tre possibili finali) Bad Luck Banging or Loony Porn segue la vicenda di Emi (Katia Pascariu), stimata insegnante scolastica che all’improvviso vede la sua carriera e la sua reputazione a rischio dopo che un video privato è trapelato su Internet.

Di attualità sconvolgente (si pensi ai moltissimi casi di revenge porn che popolano le nostre cronache, in ultimo la vicenda della maestra torinese), girato subito dopo il primo lockdown, il film ritrae dapprima il girovagare di Emi nel caos di una Bucarest polverosa e nevrotica (litigi alle casse del supermercato, litigi per mascherine non indossate a dovere, litigi per macchine posteggiate sui marciapiedi, e via dicendo), poi – grazie ad un intermezzo insieme grottesco e potentissimo – passa in rassegna le storture e le ipocrisie di una Romania impresentabile dal punto di vista storico, politico, sociale, dove le bassezze di usi e costumi improponibili hanno finito per assumere lo status più elevato di “folclore”.

Bad Luck Banging or Loony Porn © Silviu Ghetie / Micro Film 2021
Bad Luck Banging or Loony Porn © Silviu Ghetie / Micro Film 2021
Bad Luck Banging or Loony Porn © Silviu Ghetie / Micro Film 2021
Bad Luck Banging or Loony Porn © Silviu Ghetie / Micro Film 2021

Cos’è osceno e come lo definiamo? È questa la domanda che si e ci sottopone Radu Jude: il film – che non perde mai la sua verve di drammatica comicità, soprattutto grazie ad un lavoro notevolissimo sul montaggio – mette dunque in contrapposizione l’oscenità di una società capace di peggiorare nel tempo alla presunta oscenità di un atto che perde la dimensione del privato nel momento in cui viene gettato alla mercé di sguardi lobotomizzati e pruriginosi.

Si giunge così al terzo capitolo, quello decisivo, che vede la maestra al centro di un tribunale (osceno) popolato dai genitori dei suoi alunni, ognuno portatore di quel sano e terrificante perbenismo, coté superficiale e ipocrita di una cultura che non ha veramente più nulla da dire. Impossibile dunque prevedere un finale certo (la maestra sarà confermata nel suo ruolo? Sarà cacciata?), l’importante è tenersi aperta la possibilità che il film sia stato tutto uno “scherzo” e sperare nella catarsi (figurativamente violentissima) con cui la vittima potrà finalmente mettere a tacere qualsiasi oscenità.