Meno ambiguo ma più compatto e avvincente del primo, Anarchia: la notte del giudizio (The Purge 2) conferma la ritrovata sintonia del cinema statunitense con le inquietudini urbane dei film anni '70 (da Distretto 13 - Le brigate della morte a I guerrieri della notte) e si avvia a bissare - se non migliorare - il successo del precedente nella lunga estate americana.
Lode all'acume produttivo di Jason Blum (lo stesso di Paranormal Activity) e del felice sodalizio con James DeMonaco, nuovamente artefice dell'operazione in qualità di regista e sceneggiatore. Cambia totalmente invece il cast - e non poteva essere diversamente, considerata la fine fatta dai precedenti personaggi - con Frank Grillo chiamato a sostituire Ethan Hawke nel ruolo del protagonista carismatico. Missione compiuta.
Siamo nel 2023, a Los Angeles, esattamente un anno dopo l'ultimo "Sfogo": manca pochissimo al bagno di sangue sancito dal governo dei Nuovi Padri Fondatori per "purgare" la società delle proprie pulsioni violente. Per dodici ore, dalla sera alla mattina, piena licenza di uccidere concessa a ogni americano. Un modo come un altro per decimare la popolazione meno abbiente, come denuncia un attivista afroamericano con le sue incursioni virali.
Che il nocciolo della questione sia l'istinto hobbesiano del Capitale a preservare se stesso, lo evidenzia DeMonaco con la scelta di puntare tutto su un gruppo di diseredati - un uomo tradito dalla giustizia, una cameriera latina e la figlia, due giovani esponenti dell'agonizzante classe media - e sulla loro capacità di sopravvivenza in una notte di ordinaria follia orchestrata da ricconi senza morale e potenti privi di scrupoli.Grazie a questa semplice struttura binaria il film acquista una compattezza che il precedente non aveva, ma perde in sottigliezza. Un conto è portare l'anarchia all'interno di una famiglia alto-borghese (quella capitanata da Hawke in The Purge), un altro organizzarla secondo lo schema ricco vs. povero. Nel primo caso ogni cosa si confonde - ricchi, poveri, bianchi e neri - mentre esplodono le contraddizioni e le ipocrisie del capitalismo; nel secondo è invece tutto più chiaro - schematico appunto - perché ci viene detto esplicitamente chi è il nemico e per chi si deve parteggiare. Pure così, il refrain sull'ossessione della violenza con le note dell'intrettenimento resta pericolosamente ambiguo.
Dove questo sequel vince rispetto al precedente è nel ritmo e nell'adrenalina: DeMonaco abbandona ansie domestiche e claustrofobia monocorde, lavorando stavolta sugli spazi aperti con esiti decisamente più vivaci. Riuscita anche la miscela di registri (l'horror, il western, l'action, il thriller, il melo) e modelli diversi (non solo Distretto 13 e affini, ma anche La pericolosa partita di Schoedsack e il giustiziere della notte).
Finale aperto e terzo atto scontato. Salvo clamorose sorprese al botteghino, la notte deve ancora passare.