Lucia è un’infermiera che lavora presso una struttura dedicata alla cura dei malati terminali. La donna, che ha perso la figlia a causa di una grave forma di leucemia, divide il proprio tempo tra le necessità dei suoi pazienti e le inquietudini dell’altro figlio Gabriel, intenzionato ad affrontare la tragedia familiare tramite un processo di rigorosa rimozione e la pratica di sport estremi. L’arrivo di un ultimo paziente, tuttavia, un anziano professore di filosofia morale cui restano poche settimane da vivere, si muta in occasione di scambio e incontro da cui provare a ripartire.

 

Al Dio ignoto di Rodolfo Bisatti è film d’atmosfere, di dialoghi centellinati, di sottolineature e continui rimandi tra la condizione della sofferenza e la quiete paradisiaca della natura, accogliente ma indifferente al dolore umano. Una storia che sarebbe forse piaciuta a Kawase Naomi o a Kore’eda Hirokazu perché affronta il tema dell’elaborazione del lutto portando alla luce il dramma di una società contemporanea che ha fatto un mantra della rimozione della morte e del dolore. A differenza però delle opere dei due autori nipponici, manca qui una solidità di scrittura che sappia mettere in risalto la singolarità del contesto e la lacerazione interna dei protagonisti, al di là una caratterizzazione a volte piatta o eccessivamente stereotipata. Intense, a ogni buon conto, le interpretazioni di Laura Pellicciari nel ruolo di Lucia e soprattutto del grande Paolo Bonacelli nel ruolo del professore.

 

Disponibile sulla piattaforma Chili.