Sono di nuovo le stagioni a scandire il tempo nel cinema di André Téchiné. Questa volta è una nonna al centro del suo nuovo Adieu à la Nuit. E anche questa, come altri film del regista, è una storia di formazione, ma declinata qui sul tema dell’alienazione.

Catherine Deneuve è una nonna che gestisce un allevamento di cavalli e una scuola di equitazione. La donna d'affari ha un rapporto stretto e tenero con suo nipote (Kacey Mottet Klein), che però sembra molto cambiato. Ispirato dalla sua giovane fidanzata araba, il ragazzo si è convertito all'Islam.

La nonna accoglie la notizia con interesse affettuoso; lei stessa ha trascorso la sua infanzia in Algeria e il suo socio in affari è del Maghreb. Ma quando il ragazzo reagisce all’affetto in modo sprezzante e annuncia un viaggio in Canada da dove, forse, non tornerà mai più, la donna si sente nauseata e scopre il rifiuto. Non ci vuole molto per far nascere il sospetto nella grintosa e fragile Muriel. Ma il film di Téchiné non è un thriller.

Nella luce cangiante della campagna francese, alle prese con intime dinamiche di famiglia, l’autore francese è molto piú a casa. Il giovane si sta preparando ad andare in Siria a combattere per l’Isis, con la sua fidanzata. È questa l’atroce scoperta di Muriel. Ma Téchiné la scabrosità del tema la sposta nella dimensione intima. Non lascia cadere ombre sull'innocente amore del giovane, e anche il ruolo della ragazza nel proceso di radicalizzazione verso una credenza radicata rimane perlomeno ambivalente. "Come ti sentirai quando non ci sarò più", chiede il ragazzo alla ragazza.

"Orgogliosa", risponde lei asciutta, voltando lo sguardo dall’altra parte. Non ha bisogno di un dibattito politico Téchiné, anzi, fa bene al suo film l’averne fatto a meno. Téchiné non ci presenta un thriller politico, ma l'Amour fou. E lo fa toccando le sue corde di sempre: inseguendo con la macchina da presa la tenerezza, e il dolore legato ad essi, dei sentimenti. Grande la prova delle Deneuve.