Non è un caso che Emin Alper citi una favola nel titolo del suo terzo lungometraggio A Tale of Three Sisters. Come nel suo debutto Beyond the Hill, il regista turco racconta una storia della provincia anatolica, ma questa volta non con il sotteso di una satira sociale, ma nella forma del racconto popolare.

Il contadino indigente Sevket (Müfit Kayacan) manda le sue tre figlie a lavorare in famiglie benestanti della città. Questa tradizione chiamata in turco besleme è una forma di avanzamento sociale - l'unico per molte famiglie nella Turchia rurale.

Le speranze di una vita migliore per le tre ragazze sono tratteggiate come un delicato acquarello da Alper. Ma Reyhan (Cemre Ebüzziya) è stata cacciata dalla sua "famiglia adottiva" per uno scandalo e il padre l’ha costretta a sposare l'idiota del villaggio.

Havva (Helin Kandemir) ha visto morire il piccolo figlio della sua nuova famiglia. E quando anche la ribelle Nurhan (Ece Yüksel) viene cacciata, le tre ragazze si ritrovano a vivere di nuovo sotto lo stesso tetto.

Il futuro incerto però espone le sorelle a rivalità sottili e gelosie velenose. Il debutto di Alper vinse il Caligari Film Prize alla 62. Berlinale del 2012 e nel 2015 con Abluka si aggiudicò il Premio Speciale della Giuria al 72 Festival di Venezia.

Questa favola dark, stranamente teatrale, trasforma il piccolo villaggio della Turchia centrale all’apparenza raccontato in modo realistico, in una terra immaginaria, traboccante di persone disperatamente infelici e con un’allegra donna pazza, con un debole per le capriole, a sorvegliarlo come meglio può. La donna non può tenere il male lontano, questo è chiaro; ma può stare lì e guardare, a volte pietrificata o confusa dalle sue stesse scoperte, e talvolta sorridendo con meraviglia. Come facciamo anche noi. Una bella storia, solo troppo lunga.