Se non fosse un film, A Single Man di Tom Ford sarebbe uno spot riuscito: caldo, rassicurante, laccato. Il designer di moda si è buttato dietro la mdp applicando i principi della vecchia professione alla nuova, preoccupato di esibire in "bella forma" il romanzo di Isherwood. Così una storia macchiata da dolore e isolamento diventa luccicante passerella di istantanee in movimento, abbagli formali innescati dalla macchina estetizzante di un cinema interessato solo al maquillage del reale. Il Single Man del film è George Falconer (Colin Firth), un professore universitario travolto dalla morte del compagno. Nè l'amica Charley (Julianne Moore), né uno studente (Nicholas Hoult), sanno riportarlo alla vita. Pianifica il suicidio, ma quando tutto sembra deciso una visita inaspettata gli farà cambiare idea. Ford invece non abbandona mai per un momento l'irritante stile di ceralacca, ricucendo le lacerazioni interiori di Firth – ammirevole nello sforzo di apparire, almeno lui, autentico – nel più facile dei modi: al remix di scene già viste incolla nuovi e più radiosi significati, che invece di emergere dal racconto lo rivestono dal di fuori. Per l'esistenzialismo prêt-à-porter anche la morale è una questione di forma.