Si può costruire una sceneggiatura su un dato statistico? Si, se il dato rivela che in Italia il 44% delle donne finge un godimento durante il rapporto amoroso. Da qui infatti  parte Alessio Maria Federici per immaginare il copione di Tutte lo vogliono, un anno dopo Fratelli unici (2014). Questo nuovo soggetto  comincia alla lontana con due personaggi che non si conoscono e per un imprevedibile equivoco arrivano a rapportarsi tra loro. Orazio fa lo sciampista per cani, Chiara è “food designer”, ossia prepara cibo per occasioni importanti (si parla della visita di Obama a Roma). I due interagiscono perché lei è una “anorgasmica” e lui dovrebbe aiutarla a superare questo difetto. Equivoci e imbarazzi si succedono a raffica verso un finale che è giusto non rivelare.

Dopo quattro film solidamente calati nei paraggi della commedia, Federici conferma la voglia di svolazzare nei paraggi del cinema italiano di tradizione, ossia quello che prende in prestito argomenti seri ma li smonta e li rimodella a piacimento per farne oggetto di ironia, scherzo, occasione di sberleffo e imbarazzo.

Utilizzando attori di sicura resa (ritrova Enrico Brignano dopo Stai  lontana da me, 2013; affida il ruolo di Chiara a Vanessa Incontrada, brava a evitare i facili snodi di volgarità insiti nella vicenda), Federici fa a meno di qualunque vincolo narrativo, si affida ad una regia senza vincoli problematici, recupera atmosfere da cinema anni Sessanta, non vuole a tutti i costi lasciare segni memorabili, a vantaggio di un raccontare piano, scorrevole, di immediata, concreta semplicità.  La nuova commedia italiana del terzo millennio guarda al contemporaneo ma non vuole perdere i contatti con il passato.