VIVE L'AMOUR

AIQING WANSUI

TAIWAN 1994
In Estremo Oriente, a Taipei, la capitale di Taiwan, vivono tre persone in piena solitudine esistenziale: Mei-Meiu, una graziosa agente immobiliare; Ah-Rong, che vende sui marciapiedi abitucci femminili; Hsiao-Kang, malinconico e frustato venditore di urne funerarie. La giovane, che colloca alloggi modernissimi, ma abita in un quartierino appena appena decente, quando si vuole concedere un rapporto sessuale, lo fa sbrigativamente in uno fra i tanti appartamenti di cui si occupa: ciò avviene anche con Ah-Rong, incontrato in un caffè. Ma nell'alloggio vuoto da tempo si è rifugiato per dormire Hsiao-Kang che, affranto dalla tetraggine di una vita apparsagli inutile, un giorno vi fa un tentativo di suicidio; poi continua nell'insolita coabitazione, abbandonandosi all'autoerotismo la sera in cui la coppia ha una relazione. Quando Mei-Mei se ne va all'alba, bacia il fortunato Ah-Rong ancora addormentato; poi, allontanandosi, disperata si sfoga con un pianto lacerante.
SCHEDA FILM

Regia: Tsai Ming-liang

Attori: Chen Chao-Jung - Ah-Rong, Lee Kang-sheng - Hsiao-Kang, Yang Kuei-Mei - Mei-Mei, Lu Hsiao-Ling - Cameriera

Soggetto: Tsai Yi-Jun, Yang Pi-Yang, Tsai Ming-liang

Sceneggiatura: Tsai Ming-liang, Tsai Yi-Jun, Yang Pi-Yang

Fotografia: Lin Ming-Kuo, Liao Pen-jung

Musiche: Yang Jing-An

Montaggio: Sung Shin-Cheng

Scenografia: Lee Pao-Lin

Durata: 119

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.85), PANORAMICO

Produzione: HSU LI-KONG

Distribuzione: LUCKY RED (1994) - 20TH CENTURY FOX HOME ENTERTAINMENT

NOTE
- LEONE D'ORO (EX AEQUO CON "PRIMA DELLA PIOGGIA" DI MILCHO MANCHEVSKI) ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA DEL 1994
CRITICA
"E' straordinaria l'elegante originalità di concezione d'ogni inquadratura, la ricchezza di eccellenti idee di regia, la sapienza del collocare le figure nello spazio, l'intensità quasi intollerabile di molti momenti, il regista affida la narrazione di solitudini e frustrazioni giovanili a una serie di azioni insignificanti e compulsive, al rapporto dei tre ragazzi col tempo sempre troppo pieno o troppo vuoto, con la città e con il proprio corpo: attese davanti alle cabine telefoniche occupate, le vetrine dei negozi chiusi alla sera, il passo affannato del lavoro e i torpori repentini del finto riposo, la sigaretta accesa per illusoria compagnia, un bacio spaventato, la città sempre in distruzione/costruzione, salire in auto e guidare senza aver dove andare, svegliarsi senza un perché, fare l'amore senza amore. E' la rivelazione d'un talento autentico." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 18 Novembre 1994)

"Tre personaggi, un appartamento grande e vuoto, una città dell'estremo Oriente - Taipei, capitale di Taiwan - che potrebbe anche essere una metropoli occidentale. Con questi scarni elementi e una manciata di dialoghi il taiwanese Tsai Ming-liang, 37 anni, ha fatto uno dei film più suggestivi e ammirevoli della stagione. Segnatevi il suo nome perché se ne riparlerà. Scoperto a Venezia, ha diviso il leone d'oro con 'Prima della pioggia'. Verdetto salomonico se mai ve ne furono. Difficile infatti trovare film più lontani per sguardo, concezione, temperatura di racconto. Se il macedone guarda al Mito, all'Epos, alla Storia, il taiwanese racconta figure senza passato né futuro. Manchewski spreme emozioni a suon di ralenti, violenza, bei paesaggi, incastri narrativi. Tsai Ming-liang distilla umori leggeri e penetranti lavorando, da maestro, sugli sguardi, i silenzi, la durata, con una regia attentissima ai corpi, gli oggetti, gli spazi." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 24 Novembre 1994)

"Il film di Morita trasforma la storia di 'Kitchen' in un apologhetto scintillante sul Giappone moderno, inquadrato nei suoi colori pop e vistosamente falsi: ma banalizza assai il racconto, dando al film un finale diverso dal libro e trasformando l'inquietante figura di Eriko (la madre-padre di Yuichi) in una macchietta grottesca e guitteggiante. Sembra un paradosso, ma non lo è: il vero film tratto da 'Kitchen' è proprio 'Vive l'amour'. Lo è perché costruito sui silenzi, sugli spazi, sui rapporti ineffabili fra i personaggi. Tsai Ming-Liang racconta un triangolo che si evolve senza parole in una Taipei luccicante e anonima. A cavallo fra Bresson e Antonioni - ma con improvvise gag spaziali che fanno pensare, davvero!, a Buster Keaton - il giovane regista, che è solo al secondo film, segue i personaggi seguendo un tempo del racconto che è disteso, fluviale. Mei-Mei è una giovane agente immobiliare, Hsiao-Kang vende loculi per urne cinerarie, Ah-Rong vende abiti per strada (è quasi un vu cumprà...)." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 19 Novembre 1994)