Brian è isolato senza nessuno con cui parlare, per supplire a questo disagio fa una cosa: inventa un robot. Lo realizza assemblando una vecchia lavatrice e una testa di manichino malconcia. Lo chiamerà Charles e da lì a poco quello strano robot inizierà non solo a camminare e a parlare, ma anche a scalciare desideroso di essere libero e di conoscere il mondo.

È la storia di Brian e Charles, quella del film diretto da Jim Archer, interpretato e scritto da David Earl (Brian) e Chris Hayward (Charles).

Già apprezzato allo scorso Sundance Film Festival, sarà presentato al Giffoni Film Festival in anteprima nazionale oggi 22 luglio e uscirà nelle sale il 31 agosto distribuito da Lucky Red in associazione con 3Marys.

“Per tanto tempo ho portato sul palcoscenico il personaggio di Brian - racconta David Earl -. Mi sono anche inventato uno show telefonico su Internet nel quale interpretavo Brian. Una volta mi chiamò il produttore utilizzando un software di simulazione vocale con il quale fingeva di essere un robot. Charles è nato così. Da lì abbiamo voluto rendere vivo quel personaggio. Abbiamo creato uno spettacolo teatrale e abbiamo realizzato un cortometraggio nel 2017. Poi Film4 ci ha chiesto di sviluppare un lungometraggio anche perché il pubblico si era molto affezionato a Charles”.

E proprio al “grande pubblico”, e soprattutto ai ragazzi (non a caso la scelta di presentarlo al Giffoni), è destinato questo film. “Volevo fare appassionare al racconto di quest’uomo lavatrice- sottolinea Jim Archer-. Mi piaceva l’aspetto anarchico della storia. Da spettatore adoro i documentari e mi piaceva la forma del mockumentary, ma lo volevo fare un po’ diverso. Il film è rivolto a un pubblico molto più vasto rispetto alle persone che vengono nel circuito di cabaret. Abbiamo voluto rendere i personaggi più piacevoli. Prima c’era una comicità più sferzante, qui abbiamo cercato di smorzarne un po’ i toni e di fare di Brian un vero emarginato in modo tale che il pubblico facesse il tifo per lui. Ci siamo immaginati due linguaggi diversi: uno per Brian e l’altro per il robot”. Nel cast anche la timida e romantica Hazel, interpretata da Louise Brealey.

Girato nel Galles, come il corto, anche se “questa volta siamo andati più nell’entroterra”, come specifica Chris Hayward perché: “Volevamo trovare un luogo spettacolare dal punto di vista naturalistico che rispecchiasse al meglio quel senso di solitudine e isolamento nel quale vive Brian e  poi volevamo riflettere lo stato mentale del personaggio nella location”, il film è anche il racconto del rapporto tra un padre e un figlio che man mano diventa adulto.

“Charles è come un bambino che nasce, poi cresce e diventa adolescente- dice il regista-. Rispecchia quel conflitto che i genitori hanno con i propri figli quando diventano adolescenti”.

E sui giovani: “Vorrei che i ragazzi avessero voglia di costruire delle cose, magari si mettono tutti a costruire robot. Mi piacerebbe che questo film catturasse la loro immaginazione e gli facesse venire voglia di creare qualcosa”.

E David Earl aggiunge: “Continuo a sognare costantemente ad occhi aperti perché nel mondo in cui viviamo senza l’immaginazione sarebbe difficile sopravvivere. La vita sarebbe molto più grigia senza la fantasia”.

Dato il successo di questi due personaggi c’è da aspettarsi anche una serie tv?  Chissà. “Mi piacerebbe farne un musical, ma anche un libro o un fumetto, vediamo come va il film”, risponde il regista.