“C'è un po' di Amici miei, c’è quella dinamica divertente: l’obiettivo dei nostri scherzi è l’anestesista, lo mettiamo in mezzo in una maniera che è troppo, ci scarichiamo col più debole. E’ un film abbastanza cattivo, e sì, in parte occhieggia ad Amici miei di Mario Monicelli”. Parola di Carlo Verdone, sul set in Puglia con Si vive una volta sola, diretto e interpretato al fianco di Anna Foglietta, Rocco Papaleo e Max Tortora. Scritto con Giovanni Veronesi e Pasquale Plastino, prodotto e distribuito da Aurelio e Luigi De Laurentiis per Filmauro, arriverà sui nostri schermi il 12 febbraio 2020 in prossimità di San Valentino.

Protagonisti quattro medici tanto abili in sala operatoria – persino il Papa si affida alle loro cure – quanto inaffidabili e fragili nella vita privata: il professor Umberto Gastaldi (Verdone), chirurgo internista vocato all’oncologia, e la sua formidabile équipe, l’assistente Corrado Pezzella (Tortora), la strumentista Lucia Santilli (Foglietta), l’anestesista Amedeo Lasalandra (Papaleo). Eccellenti professionisti e anche maestri della beffa, sovente ai danni di Amedeo, ed è proprio Rocco a suggerire un altro termine di paragone: “Credo occhieggi di più a Compagni di scuola, è quella cifra di Carlo, trovare cattiveria e cinismo efficace”. Concorda Aurelio De Laurentiis: “Il grande freddo è il nostro maestro, e anche Compagni di scuola, arriva un certo momento nella vita in cui fare i conti, tra giusto e meno, fatto bene e non fatto bene”.

Durante uno sconclusionato viaggio verso i mari del Sud d’Italia, dunque, i quattro amici approderanno a questa “riflessione sulla nostra vita e su chi siamo, nel finale – dice Verdone - scopriremo che cosa abbiano seminato nella loro professione e nella loro esistenza”.

Iniziate il 27 maggio e in programma fino al 22 luglio, le riprese di Si vive una volta sola si svolgono interamente in Puglia per otto settimane: da Bari a Monopoli, da San Vito di Polignano a Otranto e in provincia di Lecce, la troupe si sposterà quindi a Castro, Sant’Andrea, Porto Badisco, Santa Cesarea Terme, Serrano: “Il cinema qui è di casa, le maestranze è come se fossero di Cinecittà, da ciakkista a elettricista, la professionalità è alta. Sicché devo fare una Puglia fatta bene, mi sento i riflettori puntati addosso: premurosi e gentili tutti, qui abbiamo trovato un’atmosfera meravigliosa”.

“Lo potrei definire un film fondato sull’amicizia, quella di quattro personaggi alle prese con le fragilità di oggi, le debolezze, ma anche con una grande verve di ripresa e riscatto. Debolezze e fragilità che rappresentano l'Italia, ognuno di noi con nostri problemi siamo l’Italia”, promette l’attore e regista.

“Il talento professionale si dissolve nel privato: sono un disastro, nelle scelte, nelle relazioni sentimentali, nel rapporto con i figli, e per questo stanno insieme anche fuori da lavoro. La loro amicizia – spiega Verdone - si logora: ci sono momenti di goliardia, perché stremati da giornate di lavoro intense, tra vita e morte, la buttiamo sugli scherzi infantili”.

L’accento è sulla collegialità: “Avevo l’esigenza di un film corale, gli ultimi tre non lo erano stati: sentivo il bisogno di interagire con altri tre protagonisti. Il mio non ha nessun tipo di caratterizzazione, devo far ridere, sorridere, non sono appoggiato né dal dialetto né da altro: sono io, non il personaggio”.

Sottolineando la delicatezza di Si vive una volta sola: “Dobbiamo mantenere un tono, una credibilità, non scivolare nella risata rasoterra. E’ un film di stampo prettamente teatrale, ci sono dialoghi anche molto corposi, pezzi alla Harold Pinter”, Verdone finalmente vi interpreta “un medico in maniera solida: in Viaggi di nozze il medico era da ridere, era un carattere, in Manuale d’amore facevo un pediatra, un dentista in Italians, ma qui per la prima volta ho il bisturi in mano, il paziente sotto i ferri”. Se non a coronamento, comunque a complemento di una notoria “passione privata per la medicina. Ma è la gente che la sera mi chiama e io come il professor Raniero Cotti Borroni di Viaggi di nozze, col petto di pollo in bocca, rispondo: “Non mi disturbi affatto”, e sento che c’hanno. E’ vero, ho una laurea honoris causa della Federico II, ma solo quella, però in genere ci prendo, poi demando sempre ai medici”.

Aurelio parla di “teatralità quale capacità attoriale, personaggi veri come a teatro, ma il film è molto dinamico, perché è un viaggio”, il figlio Luigi di un “road movie alla Compagni di scuola”, mentre Papaleo elogia “l’umanità tra di noi attori, che non trovato spesso nel nostro lavoro: un afflato speciale, torniamo a casa felici la sera”. Nella sua ferrista, Foglietta individua “una donna ancora più alfa del maschio alfa, non è sdolcinata, risponde agli scherzi, sta al gioco, senza rinunciare alla propria femminilità.  Per me lavorare con Carlo è il coronamento di un sogno, mio figlio di quattro anni cita le sue battute”, e analoga soddisfazione ha Tortora: “Un regalo, Carlo che mi chiama dopo anni che lo desidero, senza che glielo abbia mai detto. Idem con Aurelio. Mi necessita credere in quel che vedo per ridere, si ride meglio, da attore e spettatore. Ed è questo il caso”.