“In una società c’è sempre la necessità di creare degli eroi”. A dirlo è il regista iraniano Asghar Farhadi che nel suo ultimo film, in sala dal 5 gennaio distribuito da Lucky Red in associazione con 3 Marys Entertainment, ci ha raccontato Un Eroe. Si chiama Rahim (Amir Jadidi) ed è in prigione per via di un debito che non è stato in grado di pagare. Un giorno gli viene concesso un congedo e trova una borsa piena di monete d’oro che decide di restituire alla legittima proprietaria. Da quel momento diventa un vero e proprio eroe nazionale osannato dai media e sui social. Ma è giusto che in un paese si venga festeggiati semplicemente per non aver fatto del male?

“Da anni riflettevo sul fatto che quando una persona compie un gesto ammirevole si decide di elevarlo ad eroe- dice il regista-. Mi è capitato spesso di leggere sui giornali storie di persone comuni diventate improvvisamente famose per aver compiuto un gesto altruistico. Nel film ci sono due personaggi principali: il protagonista Rahim e il creditore che gli ha sporto denuncia. Ho cercato di creare dei rapporti umani intorno ad entrambi e di fare in modo che ci fosse un bilanciamento affettivo. Così lo spettatore si può immedesimare in ciascuno dei due”. Nel cast Mohsen Tanabandeh, nei panni del creditore, e anche la figlia del regista: Sarina Farhadi (“il suo è un ruolo breve, ma fondamentale per la storia, e lei era la persona giusta per interpretarlo perché ha scritto con me questo film”).

 

Due volte Premio Oscar con Una separazione (2011) e Il cliente (2016), vincitore con Un Eroe del Grand Prix Speciale della Giuria allo scorso Festival di Cannes, Farhadi ha scelto di ambientare la storia a Shiraz. “Ci sono molti reperti antichi a Shiraz, è una città verso la quale proviamo nostalgia per il nostro passato - dice-. E poi questa è una storia di persone umili e ordinarie che si trovano davanti a una situazione straordinaria. Tanti decidono di offrire il loro aiuto in questa causa e questa cosa in una città grande come Teheran non sarebbe successa. C’è una grande empatia tra gli iraniani, soprattutto nei momenti critici le persone si uniscono e lottano contro le difficoltà”.

Nella storia però emerge un aspetto malsano dei mass-media che influenzano l’opinione sociale e che sono spesso portati ad enfatizzare il dolore. “Ci sono tante trasmissioni che sono fatte apposta con l’intento di far scendere le lacrime- racconta-. In Iran la tv del dolore è in aumento esponenziale. I sentimenti vengono messi in mostra. E la scena del bambino balbuziente che viene ripreso con la telecamera mentre parla in difesa del padre è in linea con questo”.

Un Eroe rappresenterà ufficialmente l’Iran agli Oscar 2022. Anche se Farhadi lo scorso novembre in una lettera aperta pubblicata su Instagram aveva annunciato di essere pronto a ritirare il suo film dalla corsa all’ambita statuetta. “Ho pubblicato quella lettera in risposta a persone che da anni mi accusavano di fare parte del sistema governativo in Iran. Ho scelto di rispondere e di chiarire e ho voluto ribadire la mia indipendenza. Non è la prima volta che ci si vuole appropriare di una persona che ha avuto successo. E allora ho voluto specificare che se la presentazione del mio film da parte dell’Iran agli Oscar portava alla conclusione che ero sotto la sua bandiera ero pronto a revocare questa decisione”.

Poi conclude: “Ho un approccio sentimentale. Sono della generazione delle sale cinematografiche e ho nostalgia di quel mondo. Spero che non vincano le piattaforme e che la tradizione di vedere i film sul grande schermo non sparisca”.