"Molto hanno fatto, ma per liberarsi dal nostro machismo secolare le donne devono fare ancora tanto: forza, siamo qui per aiutarvi!". E' un Claude Chabrol spumeggiante e divertito quello che presenta in conferenza stampa il suo nuovo film, La fille coupée en deux, Fuori concorso al Lido. "Amo semplificare la forma, non il pensiero - esordisce il maestro francese - l'idea della depurazione mi affascina". A essere stilisticamente depurato è un triangolo amoroso, protagonisti Francois Berleand, Benoit Magimel e Ludivine Sagnier, presente al Lido con la collega Valeria Cavalli, la co-sceneggiatrice Cecile Maistre e il produttore Patrick Godeau. Spunto del film il celebre processo seguito all'omicidio per questioni di tradimento dell'architetto del Madison Square Garden Stanford White nel 1906 a New York per una "storia al femminile calata nei tempi moderni", dice Chabrol. Protagonista Ludivine Sagnier "lacerata" tra due uomini, l'attempato e libertino scrittore Charles Saint-Denis (Berleand) e il giovane milionario problematico Paul Gaudens (Magimel): "La mia Gabrielle è un personaggio tragico - dice l'attrice - che si sacrifica, ma insieme è molto moderno. Anche se infangata e prostrata reagisce: è un'idea di donna che mi piace e che ho voluto difendere, con forza". Viceversa, Valeria Cavalli, che interpreta la moglie dell'impenitente donnaiolo Charles: "Perché la mia Dona non è gelosa? Chabrol ha molto talento nel raccontare ciò che tutti sappiamo, ma che non abbiamo il coraggio di dire. Sono donne quali Dona quelle che fanno funzionare le relazioni, concedendo libertà al partner, dopo aver condiviso tante esperienze e magari anche perversioni. E' una profonda verità, che personalmente considero molto bella. E' questo il mio modo di vedere la coppia". "Sono quattro personaggi femminili (c'è anche Capucine, editrice di Saint-Denis, e Genevieve, madre di Gabrielle, NdR) - dice Chabrol - che riflettono le attuali condizioni della donna, nella propria corsa verso l'affrancamento dal machismo e la libertà". "Abbiamo fatto molto - ribatte la Sagnier - ma rimane ancora tanto da fare. Amo molto interpretare ruoli come questo, che mi servono anche dopo, mi accompagnano fuori dal set". "E nel finale - prosegue l'attrice - Gabrielle sceglie la magia e l'illusione per esorcizzare la propria sofferenza personale: per me è una metafora della professione di attrice".