È  stato  l’ultimo  film  italiano  su  cui  si  sia  abbattuta la censura, vietandone  a  tutti  la visione. Era il 1998 quando Daniele Ciprì e Franco Maresco,  i creatori di Cinico Tv, portavano al Festival di Berlino il loro Totò  che visse due volte e al ritorno in Italia si scatenavano polemiche e provvedimenti  che prima ne vietarono l’uscita in sala, poi solo la visione ai  minori  di 18 anni. Vicissitudini che, di fatto, diedero la possibilità di  vedere  Totò che visse due volte a pochi coriacei spettatori, capaci di trovarlo in qualche cinema italiano.

Ora  Totò  che  visse due volte, secondo lungometraggio di Ciprì e Maresco, dopo  Lo  zio di Brooklyn, rivive grazie al restauro in 4K realizzato dalla Cineteca   di   Bologna   al   laboratorio L’Immagine  Ritrovata,  con  la supervisione  alla  color  correction  di Luca Bigazzi, già direttore della fotografia del film nel 1998.

Per  la  prima  volta,  il  restauro  di  Totò  che  visse  due  volte sarà disponibile  online,  sulla  piattaforma  Il Cinema Ritrovato fuori sala, a partire  dal  18 febbraio, accompagnato da due presentazioni realizzate per l’occasione da Daniele Ciprì e Franco Maresco.

“Penso  che  per un ragazzo oggi sia difficile immaginare cosa fosse Cinico Tv”,  si chiede Franco Maresco. “Oggi tutti guardano frammenti di qualsiasi cosa.  Dovete  invece immaginare cosa fosse Cinico Tv nel momento in cui ha fatto la sua apparizione in un palinsesto televisivo questa sorta di teatro beckettiano,  di  teatro dell’assurdo. Questo lavoro è proseguito con i due

lungometraggi,  Lo  zio  di  Brooklyn e Totò che visse due volte, ovvero un cinema  che  rappresentava qualcosa di veramente alieno, fuori da qualsiasi altro orizzonte del cinema italiano”.

“Vedere  Totò  che  visse due volte restaurato è il riscatto del dolore per l’attacco che abbiamo subito fuori dalle sale in occasione delle proiezioni del  film”,  commenta  Daniele Ciprì. “Ora possiamo dire che il nostro è un cinema  che  rimane  nel tempo: è un cinema già antico, nelle immagini, nel suono… e per questo è un cinema che rimane”.

Prima  di  un  processo scatenato da alcune proteste di piazza in occasioni delle primissime proiezioni pubbliche – processo che nelle aule giudiziarie si  protrasse per 3 anni, fino all’assoluzione nel 2001 dei registi Ciprì e Maresco,  del  produttore  Rean  Mazzone  e  dello  sceneggiatore  Calogero Iacolino  – Totò che visse due volte si vide in un primo momento, nel marzo

del  1998,  addirittura  negare  il  nulla  osta da parte della commissione censura,  che  ravvisò una “forzatura deteriore di chi tende a degradare la dignità  del popolo siciliano, del nucleo italiano e dell’umanità”, oltre a “palesi  violazioni”  di  alcuni articoli della Costituzione in quanto film “offensivo  del  buon  costume” e contenente “disprezzo verso il sentimento religioso  in  generale  e  quello  cristiano in particolare”. Riferimento, questo,  in  particolare  all’ultimo  dei tre episodi in cui è suddiviso il film, trasfigurazione in chiave “cinica”, potremmo dire, della predicazione

e  della  passione  di  Cristo,  che Rean Mazzone difese proprio in sede di commissione  censura ribaltando le accuse e rivendicando invece “il fine di stimolare  un  dibattito  sulla  perdita  delle fede e della religiosità in generale”.

A  maggio,  fortunatamente,  la  revisione  del verdetto: pur con il parere contrario  del  presidente  di commissione, la maggioranza concede il nulla osta  a  Totò  che visse due volte. Ma con il divieto ai minori di 18 anni. Pochissime  proiezioni,  poi  il  processo. Oggi lo possono vedere tutti, e restaurato.