"Ho fatto questo film non per scopi politici, ma per far vedere le conseguenze delle scelte di vita di questi attivisti:  i loro sentimenti, le loro emozioni, 30 anni dopo". Così Robert Redford, per la prima volta a Venezia - “Perché non c'ero mai stato? Un puro caso” - con The Company You Keep, presentato Fuori Concorso.
Ha anche stretto la mano al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, soprattutto, con occhiali, t-shirt scura e il co-protagonista Shia LaBeouf al fianco, il 75enne regista e attore ha incantato i cronisti, che gli hanno tributato un'ovazione in conferenza stampa. Tratto dal romanzo di Neil Gordon, The Company You Keep è un thriller politico, protagonista l'ex militante dei Weather Underground Jim Grant (Redford) ricercato per un omicidio degli anni ‘70: dopo 30 anni sotto falsa identità, un giovane giornalista (Shia LaBeouf) lo smaschera e deve mettersi in fuga dall'FB.
Nel cast anche Susan Sarandon, Julie Christie e Nick Nolte, le contingenze politiche portano alla campagna elettorale Usa: “Obama rappresenta chi nel mio Paese pensa che il cambiamento sia inevitabile, e dunque cerca di assecondarlo; l'altra parte, viceversa, si sente minacciata, e fa di tutto per ostacolarlo. Questo mi fa tristezza”. E Redford affonda: “La convention repubblicana è costata come il Superbowl: tanta gente vestita in tricolore pagata per stare lì, mentre c'è chi muore di fame”.
Non solo, il regista-attore guarda anche a Wall Street: “I super ricchi di Ws se la caveranno sempre, qualsiasi cosa accada. Non cambierà mai la situazione, ma nemmeno la necessità  di difendere i diritti civili e dire no alla guerra”. Ne ha pure per Clint Eastwood e il suo spot con la sedia vuota su Twitter: “Non commento il comportamento dei miei colleghi, ma bisognerebbe chiederlo alla sedia vuota”. E per i giovani: “Abbiamo lasciato ai giovani un mondo che sta marcendo, ma ho fiducia che loro sapranno fare meglio". Del resto, dice nel film il suo compagno di lotte Richard Jenkins, “siamo diventati una storia da raccontare ai ragazzi”, E Redford la elegge a battuta chiave del film. Che parla anche di giornalismo: “Ai tempi di Tutti gli uomini del presidente, senza tecnologie né internet, era tutto più semplice, ora scovare la verità è più complicato. Eppure i due reporter al centro di quel film cercavano verità, ma anche gloria: proprio come oggi". 
Inevitabile chiedergli la ricetta del suo cinema, e Redford la svela: “Non credo che si possano mandare messaggi nei film, non sono il luogo giusto per la propaganda, ma credo sia possibile raccontare una storia e attraverso questa esprimere un'opinione, lasciando il pubblico libero di farsi la propria. Per questo i miei film da regista si chiudono con un interrogativo”.
E inevitabile chiedere a lui, vecchio militante Usa, portabandiera dell'impegno stelle & strisce di tornare sul suo Jim Grant, ex Weather Underground: “Le idee anti-sistema erano giuste, e i motivi per ribellarsi tanti e buoni, ma già allora sapevo che gli attivisti sarebbero andati incontro all'autodistruzione. Per rivalità ed egoismi”.